UNO DEGLI EPISODI PIU' VERGOGNOSI NELLA STORIA DEL GIORNALISMO
Il giornalista Charlers Thomson ha pubblicato un implacabile articolo di condanna ai media per la loro condotta durante il processo subito da Michael nel 2005.
Aveva annunciato un'analisi approfondita sulla questione per la ricorrenza della data in cui Michael venne assolto e così è stato.
L'articolo in originale lo trovate a questo link:
http://www.huffingtonpost.com/charles-thomson/one-of-the-most-shameful_b_610258.html
traduzione: www.truth4mj.it
Il 13 giugno di 5 anni fa dodici giurati dichiararono all’unanimità Michael Jackson NON COLPEVOLE per le varie imputazioni di abuso su minore, cospirazione e somministrazione di alcol ad un minorenne. E’ difficile sapere come la storia ricorderà il processo di Michael Jackson. Forse come l’epitome dell’ossessione per le celebrità nel mondo occidentale. Forse come il linciaggio del 21° secolo. Personalmente, penso sarà ricordato come uno degli episodi più vergognosi della storia del giornalismo.
Finché non ti ritrovi a scavare negli archivi dei giornali e a riguardare ore di servizi televisivi non puoi comprendere davvero le proporzioni del vizio dei media. Era di dimensioni industriali. Senza ombra di dubbio, c’erano alcuni reporter e persino alcune pubblicazioni e stazioni televisive che favorivano apertamente l’accusa, tuttavia molte delle manchevolezze dei media erano di tipo istituzionale. In un mezzo ossessionato dalla sintesi, come puoi ridurre 8 ore di testimonianza in due frasi senza peccare di approssimazione? In un’epoca di notizie roboanti e scrittura istantanea sui blog, come puoi resistere alla tentazione di uscire di corsa dall’aula di tribunale alla prima occasione per lanciare la notizia dell’ultima succulenta accusa, anche se questo significa perdersi un pezzo della testimonianza del giorno?
Voltandomi all’indietro ad osservare il processo di Michael Jackson, io vedo i media fuori controllo. La grande quantità di propagande, pregiudizi, distorsioni e disinformazione va quasi oltre ogni comprensione. Leggendo le trascrizioni del processo e confrontandole con i tagli effettuati dai giornali, appare evidente che quello che si stava svolgendo dentro l’aula del tribunale non somigliava nemmeno a quello che ci veniva raccontato. Le trascrizioni mostrano un’interminabile parata di squallidi testimoni d’accusa che quasi ogni ora si sbugiardavano da soli sbriciolati dal controinterrogatorio. I ritagli dei giornali e le clip dei notiziari davano descrizione giorno dopo giorno di abominevoli accuse e di luride allusioni.
Era il 18 novembre del 2003 quando 70 sceriffi fecero la loro incursione nel Neverland ranch di Michael Jackson. Appena fu lanciata la notizia del raid, i canali televisivi d’informazione abbandonarono i loro programmi per passare ad una copertura di 24 ore su 24. Quando venne fuori che Jackson era accusato di aver molestato il piccolo sopravvissuto al cancro Gavin Arvizo, il ragazzo che tutti riconoscevano come colui che stringeva la mano del cantante nel documentario di Bashir, i media andarono in fibrillazione. I network erano così ossessionati dallo scandalo Jackson che un attacco terroristico in Turchia fu quasi del tutto tralasciato, con solo la CNN che si prendeva il disturbo di trasmettere la conferenza stampa congiunta di George Bush e Tony Blair
sul disastro.
I tre network principali cominciarono tutti immediatamente a produrre special sul caso Jackson lunghi ore, apparentemente determinati dal fatto che ancora non si sapeva nulla riguardo alle accuse e non erano state rilasciate dichiarazioni. La CBS dedicò un episodio di 48 Hours Investigates all’arresto, mentre anche Dateline della NBC e 20/20 della ABC's si affrettarono a curare degli special su Jackson. Nei due giorni del raid a Neverland e prima ancora chhe Jackson fosse arrestato, VH1 annunciò un documentario di un’ora e mezzo chiamato 'Lo Scandalo Sessuale di Michael Jackson'.
Daily Variety descrisse la storia di Jackson come "un dono del cielo per il circuito dei media, in particolare per i canali di news della Tv via cavo e per le emittenti locali che contavano di gonfiare gli indici di ascolto nell’ultima settimana per ottenere il rating massimo in tutte le registrazioni di novembre” (qui fa riferimento al modo specifico col quale vengono calcolati gli indici di ascolto negli Stati Uniti).
Daily Variety aveva ragione. I programmi relativi alle notizie sulle celebrità registrarono un picco delle cifre quando la storia di Jackson fece colpo. Gli ascolti di Access Hollywood aumentarono del 10% rispetto alla settimana precedente. Sia Entertainment Tonight che Extra raggiunsero i migliori risultati della stagione e anche Celebrity Justice beneficiò di un 8% di incremento.
I giornali reagirono tanto istericamente quando le stazioni televisive. 'Sicko!' (scusate, non riesco nemmeno a scriverla questa traduzione, penso possiate intuirla) gridava il New York Daily News. Ed il New York Post pungolava: 'Jacko: vediamo adesso come vieni fuori da questo”.
The Sun – il maggior giornale britannico – presentò un articolo dal titolo “Lui è Bad, è Dangerous, è History”. Il pezzo bollava Jackson come un 'ex-nero ex-superstar', uno strano perverso individuo che per il bene dei suoi bambini sarebbe stato meglio prendere in cura. "Se non fosse stato un idolo pop con montagne di denaro dietro le quali nascondersi” vi si leggeva “sarebbe stato preso anni fa” .
Incoraggiati dall’incremento degli ascolti che lo scandalo Jackson aveva prodotto, il circuito dei media fecero propria la missione di far lievitare il caso su tutto ciò che era loro possibile. Tom Sinclair di Entertainment Weekly scrisse "Gli esperti di media, dai più grossolani reporter di tabloid ai più raffinati conduttori di telegiornali, sono in fibrillazione strapazzandosi per riempire centimetri di colonne e spazi radiotelevisivi con gli scoop su Jacko e i commenti dei sapientoni sull’argomento” .
"La pressione delle notizie sulla gente è enorme” disse a Sinclair l’avvocato Harland Braun. "Perciò avvocati di cui mai nessuno ha sentito parlare finiscono col sentenziare in televisione su casi coi quali non hanno alcuna connessione”.
E Sinclair aggiunse "e non solo avvocati. Tutti, dai dottori agli scrittori, gli psichiatri e tutti gli impiegati al grande magazzino della convenienza che una volta erano al servizio di Jackson stanno mettendo bocca su Jackson in televisione o sui giornali”.
Mentre i media erano occupati ad incalzare una moltitudine di ciarlatani e lontani conoscenti sulla loro opinione in merito allo scandalo, il procuratore dell’accusa sull’ultimo caso Jackson era impegnato in una condotta altamente discutibile, ma i media sembravano non curarsene.
Durante il raid a Neverland il procuratore distrettuale Tom Sneddon – lo stesso che aveva perseguito senza successo Jackson nel 1993 – ed i suoi agenti violarono le condizioni del loro stesso mandato di perquisizione irrompendo nell’ufficio di Jackson e confiscando cataste di irrilevanti carte d’affari. Fecero anche un’incursione illegale nell’ufficio di un investigatore privato che stava lavorando per il team di difesa di Jackson e sottrassero dei documenti della difesa dalla casa dell’assistente personale del cantante.
Sneddon sembrava anche interferire ogni volta che veniva alla luce una prova che minava la credibilità delle affermazioni della famiglia Arvizo. Per esempio, quando il procuratore scoprì due interviste registrate nelle quali tutta la famiglia Arvizo cantava gli elogi di Jackson e negava qualunque tipo di abuso, introdusse un’accusa di cospirazione per sostenere che erano stati costretti a mentire contro la propria volontà.
In un’altra circostanza simile, l’avvocato di Jackson Mark Geragos apparve sulla NBC nel gennaio 2004 per annunciate che il cantante aveva un concreto alibi di ferro per le date alle quali si riferivano le accuse. Quando Jackson fu ricitato in giudizio nel mese di aprile per le accuse di cospirazione, le date dei presunti abusi sul registro della polizia erano state spostate di quasi due settimane.
Sneddon più tardi fu sorpreso mentre sembrava che stesse cercando di fabbricare la prova delle impronte digitali contro Jackson, permettendo all’accusatore Gavin Arvizo di maneggiare riviste per soli adulti durante le udienze del grand jury per imbustarle di fretta e spedirle via per l’analisi delle impronte digitali.
Non solo la maggior parte dei media si lasciò sfuggire questa raffica di attività discutibili e in certi casi illegali da parte del procuratore, ma sembrava anche compiacersi pienamente di perpetuare la propaganda di colpevolezza per conto del procuratore malgrado l’assoluta mancanza di prove che la corroborassero. Per esempio, Diane Dimond appearve al Larry King Live giorni dopo l’arresto di Jackson's per parlare ripetutamente di una montagna di lettere d’amore che la star presumibilmente avrebbe scritto a Gavin Arvizo.
"Qualcuno qui conosce l’esistenza di queste lettere?” chiese King.
"Assolutamente," rispose Dimond "Io lo so. Io so per certo della loro esistenza"
"Diane, le hai lette?"
"No, non le ho lette"
Dimond ammise che non le aveva mai neanche viste le lettere, tanto meno lette, ma disse che ne era venuta a conoscenza da “fonti di forze dell’ordine di alto profilo”. Ma quelle lettere d’amore non si materializzarono MAI. Quando la Dimond disse che lei sapeva per certo della loro esistenza stava basando la propria affermazione esclusivamente sulle parole delle fonti di polizia. Nella migliore delle ipotesi, le forze di polizia stavano ripetendo a pappagallo le dichiarazioni degli Arvizo in buona fede. In quella peggiore, avevano inventato questa storia esse stesse per infangare il nome di Jackson. In entrambi i casi, la storia fece il giro del mondo con neanche un briciolo di prova che la supportasse.
Tra l’arresto di Jackson e l’inizio del suo processo trascorse più di un anno ed i media erano costretti nel frattempo a cercar di gonfiare la storia il più a lungo possibile. Consapevoli del fatto che a Jackson era stato impedito ufficialmente di rilasciare dichiarazioni e quindi impossibilitato a rispondere, i simpatizzanti dell’accusa cominciarono a far trapelare documenti come la deposizione di Jordan Chandler alla polizia nel 1993. I media, affamati di scandalo e sensazionalismo, vi si fiondarono sopra.
Allo stesso tempo, dichiarazioni vendute ai programmi televisivi di gossip da scontenti ex-impiegati di Jackson negli anni ’90 venivano costantemente rivangate e presentate come notizie nuove. Si lasciavano anche trapelare periodicamente piccoli dettagli delle accuse della famiglia Arvizo.
Mentre la maggior parte del circuito mediatico riportava queste storie come dichiarazioni piuttosto che come fatti, la grande quantità e frequenza delle storie che mettevano Jackson in connessione con l’orribile abuso sessuale, in coppia con la sua impossibilità a confutarle, aveva un effetto devastante sulla sua immagine pubblica.
Il processo cominciò all’inizio del 2005 con la selezione dei giurati. Quando la NBC chiese alla Dimond quale fosse la differenza tra i criteri di selezione dei giurati da parte dell’accusa e della difesa, la Dimond rispose che l’accusa avrebbe scelto i giurati secondo la loro capacità di distinguere il “bene dal male” ed “il giusto dallo sbagliato” .
I giurati non erano stati ancora selezionati e già Newsweek stava tentando di minarne l’affidabilità, dichiarando che un gruppo di giurati di provenienza medio-borghese non sarebbero stati in grado di giudicare in modo equo una famiglia di ceto inferiore al quale gli accusatori appartenevano. Nell’articolo dal titolo: “Giocare la carta del ceto sociale” la rivista diceva che “il processo Jackson può dipendere da qualcosa di diverso dalla razza. E il riferimento non è alle prove".
Quando il processo ingranò la marcia, divenne rapidamente evidente che il caso facesse acqua da tutte le parti. La sola “prova” dell’accusa era una catasta di riviste di pornografia eterosessuale e un paio di libri d’arte assolutamente legali. Thomas Mesereau scrisse in una mozione del tribunale "Lo sforzo di processare Mr. Jackson per possedere una delle più grandi biblioteche private del mondo è allarmante. Da quel giorno oscuro di quasi tre quarti di secolo fa nessuno ha più testimoniato per un’accusa che dichiarasse che il possesso di libri artisti famosi costituisca la prova di un crimine contro lo stato”.
Star, il fratello di Gavin Arvizo, fu ben presto chiamato a testimoniare e dichiarò di essere stato testimone di due specifici atti di molestie, ma la sua testimonianza si rivelò del tutto inconsistente. In riferimento ad uno di questi atti, dichiarò in aula che Jackson stava accarezzando Gavin, ma ina descrizione precedente dello stesso episodio raccontò una storia ampiamente diversa, affermando che Jackdon aveva sfregato il suo pene sulle natiche di Gavin. Raccontò anche due storie diverse riguardo all’altro presunto atto nelle due giornate consecutive in aula.
Durante il controinterrogatorio l’avvocato di Jackson, Thomas Mesereau, mostrò al bambino una copia di Barely Legal e gli chiese ripetutamente se si trattava proprio di quella edizione che Jackson aveva mostrato a lui e a suo fratello. Il ragazzo insisté che lo fosse, e a quel punto Mesereau rivelò che la sua pubblicazione risaliva ad agosto 2003, cinque mesi più tardi rispetto a quando gli Arvizo avevano lasciato Neverland.
Tuttavia questa informazione fu quasi del tutto omessa dai media che si focalizzavano sulle accuse del ragazzo piuttosto che sul controinterrogatorio che le minava. Le accuse generano gustose frasi ad effetto, un complesso contraddittorio non fa la stessa cosa.
Quando toccò a Gavin Arvizo di testimoniare, egli affermò che Jackson lo aveva istigato alla prima azione molesta raccontandogli che tutti i ragazzi avevano la necessità di masturbarsi o avrebbero finito col trasformarsi in stupratori. Ma Mesereau dimostrò nel controinterrogatorio che il ragazzo in precedenza aveva ammesso che in realtà quel commento apparteneva a sua nonna, non a Jackson, il che voleva dire che l’intera faccenda della molestia si poggiava su una bugia.
Nel controinterrogatorio il ragazzo compromise severamente l’imputazione di cospirazione da parte dell’accusa affermando che non aveva mai provato alcuna sensazione di paura a Neverland e non avrebbe mai voluto andarsene. Le sue descrizioni delle presunte molestie risultarono anche diverse da quelle testimoniate da suo fratello.
Sfortunatamente per Jackson, il controinterrogatorio di Gavin Arvizo fu quasi completamente ignorato dai media, impegnati piuttosto a ridacchiare e spettegolare su ciò che divenne noto come “pigiama day”. Il primo giorno della diretta testimonianza del ragazzo, Jackson scivolò nella sua doccia procurandosi un’ecchimosi polmonare e fu trasportato di corsa in ospedale. Quando il giudice Rodney Melville ordinò il mandato di arresto nel caso in cui Jackson non si fosse presentato in aula nel giro di un’ora, il cantante andò in tribunale a tutta velocità indossando ancora i pantaloni del pigiama con i quali era stato trasportato di corsa in ospedale.
Le foto di Jackson nel suo pigiama fece il giro del mondo spesso senza nemmeno che si menzionasse l’infortunio di Jackson o il perchè indossasse quei pantaloni. Molti giornalisti accusarono Jackson di aver inscenato l’intero episodio solamente per suscitare compassione, sebbene compassionevole è l’ultima parola che si potrebbe usare per descrivere quella che fu la reazione dei media.
L’infortunio non fermò i media dal trasmettere il giorno dopo le scandalose dichiarazioni di Gavin Arvizo al mondo intero. Alcuni addirittura presentavano la testimonianza del ragazzo come un fatto piuttosto che come una congettura. Il Mirror scriveva: "Ha detto: se i ragazzi non lo fanno, potrebbero trasformarsi in stupratori – così il ragazzo ex ammalato di cancro Gavin racconta alla corte il sesso secondo Jackson” .
Altra storia per il controinterrogatorio del ragazzo, che venne quasi completamente omesso. Invece di riportare le vicende relative alle bugie di Gavin Arvizo e le contraddizioni emerse nelle dichiarazioni dei due fratelli, le pagine dei giornali erano piene di stralci di opinioni irriverenti sul pigiama di Jackson, anche se il “pigiama day” era avvenuto giorni prima. Migliaia di parole venivano spese per chiedersi se Jackson indossasse o meno una parrucca ed il Sun pubblicò persino un articolo che attaccava Jackson sugli accessori che ogni giorno appuntava sui suoi gilet. Sembrava che la stampa scrivesse di tutto pur di evitare il dibattito sul controinterrogatorio del ragazzo, che aveva compromesso pesantemente l’accusa.
Questa abitudine di riportare dichiarazioni sensazionalistiche ignorando il controinterrogatorio che le screditava diventò una tendenza distintiva dell’intero processo Jackson. In un’intervista con Matt Drudge nell’aprile del 2005, l’editorialista di Fox Roger Friedman spiegò "Ciò che non è stato riportato è che il controinterrogatorio di questi testimoni di solito si rivela fatale per loro” ed aggiunse che tutte le volte che qualcuno diceva qualcosa di gustoso o di drammatico su Jackson, i media si precipitavo fuori a riportarlo, perdendosi in questo modo il successivo controinterrogatorio.
Drudge era d’accordo e aggiunse "Non ascoltano in che modo un testimone alla volta si sta disinitegrando sul banco. Non c’è un solo testimone, almeno ultimamente, che non abbia ammesso di aver dichiarato il falso nelle precedenti procedure legali che riguardano questo stesso caso oppure altri casi” .
Questa allarmante tendenza ad ignorare il contraddittorio ebbe forse la massima evidenza nella copertura mediatica relativa alla testimonianza di Kiki Fournier. Nell’interrogatorio del procuratore, la Fournier – una governante in servizio a Neverland – testimoniò che quando i bambini a Neverland diventavano spesso indisciplinati, e lei certe volte aveva visto i bambini più iperattivi che potesse immaginare, era possibile che potessero venir sedati con qualche sostanza. I media corsero fuori a riportare quell ache sembrava una notizia bomba e si persero uno dei pezzi più significativi della testimonianza dell’intero processo.
Nel controinterrogatorio diThomas Mesereau, la Fournier disse che durante le ultime settimane di permanenza a Neverland della famiglia Arvizo – cioè il periodo in cui le molestie erano presumibilmente avvenute – la camera degli ospiti dei due ragazzi era stata continuamente in disordine, cosa che la portava a credere che per tutto il tempo i due avessero dormito lì, e non nella camera da letto di Michael Jackson.
Ella testimoniò anche che Star Arvizo una volta le aveva puntato contro un coltello in cucina, spiegando che non credette affatto che la cosa dovesse venir intesa come uno scherzo e che pensò che Jackson avrebbe dovuto tentare di far valere un certo tipo di autorità”.
Sferrando un colpo devastante all’accusa di cospirazione cge continuava a diventare sempre più ridicola, la Fournier sorrise all’idea che qualcuno potesse mai essere tenuto prigionerio al Neverland Ranch, raccontando ai giurati che non c’era nessun recinto abbastanza alto intorno alla proprietà e che la famiglia avrebbe potuto uscirne in qualunque momento “con facilità”.
Quando testimoniò la madre di Gavin e Star, Janet Arvizo, Tom Sneddon fu visto tenersi la testa tra le mani. Ella dichiarò che una videoregistrazione nella quale lei e i suoi figli riempivano Jackson di elogi era stata scritta parola per parola come una sceneggiatura da un uomo tedesco che a malapena parlava l’inglese. Nei fuorionda la si vedeva continuare a tessere le lodi di Jackson e poi avere uno sguardo imbarazzato e chiedere se la stavano registrando. Ella dichiarò che anche quello faceva parte della sceneggiatura.
Affermò di essere stata tenuta in ostaggio a Neverland persino quando i registri e le ricevute fiscali dimostrarono che era entrata ed uscita dal ranch per ben tre volte durante quel periodo di “sequestro”. Si venne a sapere che ella era nello stesso momento sotto inchiesta per frode ai sussidi pubblici per aver ottenuto altri soldi sullo sfruttamento della malattia di suo figlio, trattenendosi i benefit per il saldo delle sue terapie contro il tumore quando lui risultava già coperto dall’assicurazione.
Persino i più tenaci sostenitori dell’accusa furono costretti ad ammettere che Janet Arvizo era stata una testimone disastrosa per lo stato. Ad eccezione di Diane Dimond, che nel marzo del 2005 sembrava usare la frode ai sussidi pubblici di Janet Arvizo (giudicata colpevole sulla scia del processo Jackson) come una prova di contorno della colpevolezza di Jackson, firmando un articolo del New York Post con lo schiaffeggiante titolo "I Pedofili non puntano ai bambini con Ozzie ed i genitori di Harriet"
Vedendo sgretolarsi il caso davanti ai propri occhi, l’accusa fece domanda al giudice per ammettere prove di “passate attività illecite”. Il permesso fu accordato. L’accusa disse ai giurati che avrebbero ascoltato la testimonianza di 5 precedenti vittime. Ma quei 5 casi antecedent risultarono persino più ridicoli delle dichiarazioni della Arvizo.
Una parata di guardie della sicurezza e governanti rancorosi furono chiamati al banco dei testimoni per dichiarare che erano stati testimoni di molestie, la maggior parte di esse a danno di tre ragazzi: Wade Robson, Brett Barnes e Macauley Culkin. Ma quei tre ragazzi erano i primi 3 testimoni della difesa e ciascuno di essi testimoniò che Jackson non li aveva mai toccati e che erano risentiti per quella implicazione.
Inoltre, si scoprì che ognuno di questi ex-dipendenti era stato licenziato da Jackson perchè colpevole di furto nella sua proprietà o perchè aveva perso una causa per licenziamento illegittimo che caricava Jackson di enormi quantità di denaro in arretrato. Avevano anche tralasciato di raccontare alla polizia QUANDO erano stati presumibilmente testimoni di queste molestie, anche quando interrogati con riferimento alle accuse di Jordy Chandler del 1993, ma in seguito provarono a vendere queste storie alla stampa e alcune volte con successo. Più soldi c’erano sul tavolo, più saporite diventavano le dichiarazioni.
Roger Friedman si lamentò in un’intervista con Matt Drudge che i media stavano ignorando il controinterrogatorio dei testimoni di queste “precedenti attività illecite”, che portavano ad un’informazione sbilanciata. Egli disse “Quando è cominciata l’udienza di giovedì, la prima ora è trascorsa con questo ragazzo, Ralph Chacon, che aveva lavorato al Ranch come guardia di sicurezza. Questo ragazzo raccontò la storia più oltraggiosa. Era così intensa. E naturalmente tutti corsero fuori dall’aula a riportarla. Ma ci furono 10 minuti proprio prima del primo intervallo in cui Tom Mesereau si alzò per contro interrogare questo ragazzo e lo distrusse.”
La quarta “vittima”, Jason Francia, andò a testimoniare per sostenere che quando era una bambino, Jackson lo aveva molestato in tre diverse occasioni. Spinto ai dettagli della molestia, disse che Jackson gli aveva fatto il solletico tre volte dall’esterno dei suoi vestiti e che a lui erano stati necessari anni di terapia per superarlo. La giuria fu vista alzare gli occhi al cielo ma i giornalisti, incluso Dan Abrams, lo annunciarono come testimone convincente, prevedendo che potesse essere proprio lui a mandare Jackson dietro le sbarre.
I media affermarono ripetutamente che le accuse di Francia erano state fatte nel 1990, portando l’opinione pubblica a credere che le accuse di Jordy Chandler fossero antecedenti. In pratica, sebbene Jason Francia sostenesse che gli atti di molestia fossero avvenuti nel 1990, egli non le aveva riportate se non dopo la tempesta mediatica scatenatasi sulle affermazioni di Chandler, a quel punto sua madre, la cameriera di Neverland Blanca Francia, ricavò immediatamente $200,000 da Hard Copy per un’intervista con Diane Dimond e altri $2.4million di liquidazione da Jackson.
Inoltre, le trascrizioni degli interrogatori di polizia dimostrarono che Francia aveva cambiato di continuo versione e all’inizio aveva insistito sul fatto di non essere mai stato molestato. Le trascrizioni mostravano anche che aveva detto di essere stato molestato solo dopo che agenti di polizia avevano più volte oltrepassato i limiti durante gli interrogatori. Gli agenti si riferivano costantemente a Jackson come al “molestatore”. In una occasione dissero al ragazzo che Jackson stave molestando Macauley Culkin come detto da loro, affermando che il solo modo attraverso il quale potevano salvare Culkin era che Francia raccontasse loro di essere stato molestato sessualmente dalla star. Le trascrizioni dimostrano ancora che Francia in precedenza aveva d
etto della polizia: “Sono stati loro a farmi venire in mente certa roba. Continuavano ad insistere. Volevo colpirli nella testa."
La quinta 'vittima” era Jordy Chandler, che fuggì dal paese per non testimoniare contro il suo ex amico. Mesereau disse più tardi quell’anno in una conferenza "L’accusa tentò di portarlo a comparire sul banco e lui non voleva. Se lo avesse fatto, io avevo testimoni che sarebbero entrati per dichiarare che Jordy aveva raccontato loro che nessuna molestia era mai avvenuta e che non voleva mai più parlare ai suoi genitori per quello che lo avevano costretto a dire. Risultò che era andato in tribunale per ottenere un legale riconoscimento di emancipazione dai suoi stessi genitori”.
June Chandler, la madre di Jordy, testimoniò che non aveva mai più parlato con suo figlio in 11 anni. Interrogata sul caso del 1993, sembrava soffrisse di una severa forma di memoria selettiva. Ad un certo punto, affermò che non poteva riconrdare di essere stata citata da Michael Jackson e in un altro disse che non aveva mai sentito il suo stesso avvocato. Ella non testimoniò nemmeno alcuna molestia.
Quando l’accusa perse mordente, i media sembravano aver perso interesse per il processo. Al caso della difesa fu dato relativamente poco spazio sui giornali e in onda. The Hollywood Reporter, che aveva riportato il processo Jackson con diligenza, perse due intere settimane degli sviluppi del caso da parte della difesa. L’attitudine sembrava essere quella che, a meno che la testimonianza non fosse intensa e saporita, a meno che non fosse una qualcosa di ben altisonante, non valeva nemmeno la pena riportarla.
La difesa chiamò numerosi testimoni fantastici: ragazzi e ragazze che avevano trascorso del tempo insieme a Jackson e di nuovo nessuno di loro era mai stato testimone di alcun comportamento inappropriato, i dipendenti che avevano testimoniato che i fratelli Arvizo si servivano alcol da soli in assenza di Jackson e celebrità che erano state puntate anche dagli accusatori per rilasciare delle dichiarazioni spontanee. Ma poco di queste testimonianze fu trasmesso al pubblico. Quando il procuratore distrettuale Tom Sneddon si rivolse al comico nero Chris Tucker con “ragazzo” durante il suo controinterrogatorio, i media non batterono ciglio.
Quando entrambe le parti ebbero finito, ai giurati fu detto che se avessero riscontrato dei ragionevoli dubbi, avrebbero dovuto pronunciarsi per l’assoluzione. Chiunque avesse prestato attenzione ai procedimenti giudiziari poteva vedere che il dubbio era molto più che ragionevole se non persino divertente. Quasi ogni singolo testimone d’accusa o aveva sbugiardato sé stesso o aveva finito con l’aiutare la difesa. Non c’era né un briciolo di prova che connettesse Jackson ad alcun crimine né un singolo credibile testimone che lo collegasse ad un crimine.
Tuttavia, questo non fermò giornalisti e sapientoni dal predire verdetti di colpevolezza, Nancy Grace della CNN ne era l’apripista. L’avvocato Robert Shapiro, che un tempo aveva rappresentato la famiglia Chandler, dichiarò con certezza: “Sta per essere condannato” L’ex procuratore Wendy Murphy disse a Fox News, "Non c’è alcun dubbio, assisteremo ad una condanna qui”.
L’isteria dei fan fuori al tribunale era rispecchiata da quella dei giornalisti che erano seduti all’interno, i quali erano così in agitazione che il giudice Rodney Melville ordinò loro di controllarsi. Thomas Mesereau commentò retrospettivamente che i media avevano “quasi l’acquolina in bocca all’idea di vedere Jackson trascinato in prigione".
Quando la giuria consegnò i 14 verdetti di NON COLPEVOLEZZA, i media ne furono “umiliati”, disse Mesereau in un’intervista successiva. L’analista dei media Tim Rutten più tardi commentò, "Allora, cosa accadde quando Jackson fu assolto da tutti i capi di imputazione? Facce rosse? Ripensamenti? Un piccolo esame di coscienza, magari? Forse un’espressione di rimorso per aver essersi precipitate a giudicare? Noooooo. La reazione, piuttosto, era di rabbia liberamente corretta con disprezzo e strane espressioni perplesse. Il loro target erano i giurati… Non c’è furia all’inferno pari a quella di un conduttore trattenuto dalla beffa” .
In una conferenza stampa post-verdetto Sneddon continuò a riferirsi a Gavin Arvizo come alla 'vittima' e disse che aveva il sospetto che il “fattore celebrità” avesse ostacolato il giudizio dei giurati - una tesi di cui molti esperti nei media si appropriarono rapidamente come quando cominciarono ad erodere i giurati ed il loro verdetto.
Dopo pochi minuti dall’annuncio, Nancy Grace comparve su CourtTV per dichiarare che i giudici erano stati affascinati dalla fama di Jackson e dichiarava che il solo punto debole dell’accusa, paradossalmente, era stata Janet Arvizo.
"Sto avendo un crow sandwich proprio adesso” disse "E non è un granchè. Ma sapete una cosa? Non ne sono neanche sorpresa. Lo pensavo che la celebrità è una componente di un tale peso! Quando si pensa di conoscere qualcuno, quando tu hai visto i loro concerti, ascoltato i loro dischi, letto i loro testi, creduto che provenissero dal cuore di qualcuno… Jackson è molto carismatico, sebbene non abbia mai testimoniato. Ciò ha avuto un effetto su questa giuria.
"Non ho intenzione di lanciare un sasso alla mamma, sebbene creda sia stata il punto debole del caso, ma la realtà è che non sono sorpresa. Pensavo che la giuria avrebbe votato in favore dei testimoni di una simile transazione. Apparentemente la difesa li fa sopraffatti con il controinterrogatorio della madre. Io penso che sia riconducibile a questo, puro e semplice”.
Grace più tardi dichiarò che Jackson era 'non colpevole per ragioni di celebrità” e fu vista nel tentativo di braccare il capo dei giurati Paul Rodriguez per fargli dire che lui credeva che Jackson avesse molestato i bambini. Una degli ospiti di Grace, la psicoanalista Bethany Marshall, lanciava attacchi personali verso una giurata donna, dicendo, "Questo è una donna che non ha una vita sua”.
Ancora su Fox News, Wendy Murphy marchiava Jackson come 'il molestatore Teflon' e disse che i giurati avrebbero avuto bisogno di un test d’intelligenza. Più tardi aggiunse "Io davvero penso sia stato il fattore celebrità e non le prove. Penso che i giurati non abbiano nemmeno capito quanto fossero influenzati da chi è Michael Jackson. Fondamentalmente, stanno rendendo tutti noi dei bersagli e in modo particolare quelli fortemente vulnerabili, cioè i bambini che adesso entreranno nella vita di Michael Jackson”
L’analista legale Jeffrey Toobin disse alla CNN che pensava che le testimonianze su “le precedenti attività illecite” avessero delle “prove effettive”, sebbene diversi ragazzi nel cuore della loro testimonianza avessero finito col testimoniare come testimoni della difesa e negato di essere stati mai molestati. Affermò anche che la difesa avesse vinto perché “ha potuto raccontare una storia ed i giurati, si sa, capiscono sempre le storie piuttosto che un certo tipo di fatti individuali”.
Solo Robert Shapiro tenne un comportamento dignitoso nei confronti del verdetto, dicendo agli spettatori che avrebbero dovuto accettare la decisione dei giurati perchè essi provenivano “da una zona della California davvero molto conservatrice e se non avevano avuto alcun dubbio loro, nessuno avrebbe dovuto averne”.
Il giorno seguente nel programma Good Morning America, Diane Sawyer sostenne l’idea che il verdetto era stato inflenzato dallo status di celebrità di Jackson. "Siete sicuri?" insisteva "Siete sicuri che questo ragazzo immensamente noto che entrava in aula non abbia avuto alcuna influenza?"
The Washington Post commentava "Un’assoluzione non ripulisce il suo nome, rende solo torbida l’acqua”. Sia il New York Post che il New York Daily News riportavano l’ insinuante titolo 'Ragazzo, Oh, Ragazzo!'
Nell’ultimo articolo che il New York Post pubblicò sul processo, Diane Dimond lamentò il verdetto di non colpevolezza, dicendo che aveva reso Michael Jackson intoccabile. Ella scrisse "E’ uscito fuori dall’aula come un uomo libero, non colpevole di tutte le imputazioni. Ma Michael Jackson è molto più che libero. Adesso ha carta bianca per vivere la sua vita in qualunque modo lui voglia e con chiunque voglia, perchè adesso chi ma proverebbe a perseguire Michael Jackson?”
Sul giornale britannico Sun, la ‘straordinaria’ sapientona e petulante celebrità Jane Moore scrisse un articolo dal titolo 'Se la giuria è d’accordo sul fatto che Janet Arvizo sia una cattiva madre (e lo E’)... Come hanno potuto lasciar andare Jackson?' Cominciava "Michael Jackson è innocente. Giustizia è stata fatta. O così le strane melodie assemblate fuori dal tribunale vogliono farci credere” Sollevò la questione sulla capacità mentale dei giurati e licenziò il sistema giudiziario americano sostenendo “che non sta in piedi”. “Niente e nessuno viene fuori davvero come vincitore da questo spiacevole caos” terminò “men che meno ciò che loro chiamano in modo ridicolo ‘giustizia’ americana”.
Un’altra firma del Sun Ally Ross licenziò i fan di Jackson come delle “tristi, solitarie teste di cavolo.”. Un altro articolo del Sun, scritto dalla presentatrice tv Lorraine Kelly, si intitolava 'Non dimenticare i bambini ancora a rischio… per conto di Jacko', apertamente etichettato “Jackson un uomo colpevole”. Kelly, che non aveva mai assistito ad alcuna udienza del processo di Jackson, lamentava il fatto che Jackson “l’avesse fatta franca”, reclamando che "invece di struggersi in prigione, Jackson adesso è tornato a casa a Neverland”. “Jackson,” concludeva "è un perdente triste e malato che usa la sua fama ed i suoi soldi per abbagliare i genitori dei bambini per i quali lui si è preso una cotta” .
Dopo l’oltraggio iniziale, la storia di Michael Jackson scivolò via dai titoli. C’era poca analisi sul verdetto di non colpevolezza e su come esso era stato raggiunto. Un’assoluzione era considerata meno profittevole di una condanna.
Infatti, Thomas Mesereau anni dopo disse che se Jackson fosse stato condannato, si sarebbe venuto a creare un “lavoro a domicilio” per i media, che avrebbero fabbricato una storia al giorno per anni a venire. Saghe interminabili sulla custodia dei figli di Jackson, sul controllo del suo impero finanziario, su cause civili di altri schedati come “vittime” e l’incessante processo di tali questioni avrebbe generato migliaia di storie per mesi, anni e forse persino decenni.
L’incarcerazione di Jackson avrebbe creato una fornitura senza fine di titoli gratuiti: Chi sta andando a visitarlo? Chi no? Si trova in isolamento? In caso contrario, chi sono i suoi compagni di cella? Cosa si sa delle sue guardie carcerarie? Ha un’amica di penna alla quale scrivere dalla prigione? Possiamo sorvolare sulla sua cella in elicottero per filmare mentre si esercita?
Le possibilità sarebbero state infinite. Si sarebbe scatenata una guerra delle offerte su chi per primo fosse riuscito a rubare delle immagini di Jackson nella sua cella prima che la giuria cominciasse persino le sue deliberazioni.
Un verdetto di assoluzione non era altrettanto lucrativo. In un’intervista a Newsweek, il capo della CNN Jonathan Klein ricordò di aver guardato sentenziare il verdetto di non colpevolezza e subito dopo aver detto ai suoi assistenti, “Abbiamo una storia meno interessante adesso”. The Hollywood Reporter notò che gli special TV frettolosomente assemblati sull’assoluzione di Jackson funzionavano male, battuti dagli indici di ascolto di una replica di Nanny 911.La storia era finita. Non c’erano nè scuse nè ritrattazioni. Non c’era nessun esame minuzioso – niente più inchieste ed investigazioni. Nessuno era tenuto a spiegare cosa fosse stato fatto a Michael Jackson. I media erano contenti di lasciare che la gente continuasse a credere il loro resoconto sul processo così fortemente parziale e al limite della pura invenzione. Questo era tutto.
Quando Michael Jackson è morto i media the media sono andati in fibrillazione di nuovo. Quali farmaci lo hanno ucciso? Per quanto tempo ne ha fatto uso? Chi glieli prescriveva? Cos’altro c’era nel suo corpo? Quanto pesava?
Ma c’è una domanda alla quale sembra che nessuno voglia rispondere: PERCHE’?
Perché Michael Jackson era così stressato e così paranoico da non poter nemmeno trascorrere una decente notte di sonno senza che qualcuno gli inserisse un tubetto pieno di anestetico nella gamba? Io penso che la risposta possa essere trovata nei risultati dei diversi sondaggi condotti sulla scia del suo processo.
Un sondaggio condotto da Gallup nelle ore successive al verdetto mostrò che il 54% dei bianchi americani ed il 48% di tutta la popolazione non era d’accordo con la decisione dei giurati sulla “non colpevolezza”. Il sondaggio scoprì anche che il 62% delle persone riteneva che il suo status di celebrità fosse stato strumentale al conseguimento di quel verdetto. Il 34% si dicevano rattristati dal verdetto ed il 24% di vederlo come un oltraggio. In un sondaggio della Fox News il 37% dei votanti diceva che il verdetto era sbagliato mentre un altro 25% sosteneva che le celebrità sono in grado persino di comprarsi la giustizia. Un sondaggio di People Weekly trovò che uno sbalorditivo 88% dei lettori non era d’accordo con la decisione della giuria.
I media fecero un numero sul loro pubblico e questo ne fece un altro su Jackson. Dopo aver combattuto la sua battaglia in un processo orribile ed estenuante, Michael Jackson avrebbe dovuto sentirsi vendicato quando la giuria consegnò all’unanimità i 14 verdetti di non colpevolezza. Ma l’irresponsabile copertura mediatica del processo rese impossibile a Jackson persino sentirsi davvero vendicato. Il sistema giudiziario poteva averlo dichiarato innocente ma il pubblico, nella sua totalità, la pensava ancora diversamente. Le accuse che erano state smontate in tribunale risultavano inconfutabili sui giornali. Testimonianze traballanti erano state presentate come fatti e quando fu il turno della difesa si volle ignorarla.
Quando ai giurati venivano fatte domande in merito a coloro che mettevano in dubbio il verdetto, replicavano: “Loro non hanno visto quello che abbiamo visto noi”.
Hanno ragione. Non l’abbiamo visto, ma avremmo dovuto. E quelli che si sono rifiutati di raccontarcelo restano ai loro posti di lavoro senza controllo, impuniti e liberi di fare esattamente la stessa cosa a chiunque desiderino.
Questo è ciò che io chiamo INGIUSTIZIA.
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