Gli antefatti - Parte 1: ANATOMIA DI UNA FRODE
Nel gennaio 2000, una donna di nome Janet Arvizo si consultò con un avvocato civilista sulla possibilità di citare in giudizio Michael Jackson per aver presumibilmente molestato suo figlio. Questa sarebbe stata la seconda causa intentata contro Jackson per molestie su minore: la prima era risultata dalle accuse di abuso sessuale fatte da un ragazzino di 13 anni nel 1993.
Il problema, tuttavia, è che nel gennaio 2000, Janet Arvizo non aveva mai incontrato Michael Jackson, né lo aveva incontrato suo figlio. In realtà, sarebbero trascorsi altri sette mesi prima che Jackson fosse finanche presentato alla famiglia Arvizo. A rendere pubblico, durante un’udienza pre-processo, il piano della Arvizo di denunciare Michael Jackson prima di averlo mai incontrato, fu il capo della difesa di Jackson Thomas Mesereau, secondo il quale la Arvizo aveva rivelato questa informazione agli investigatori nel giugno del 2003, quando lei ed i suoi figli mossero le accuse contro Jackson per la prima volta.
Janet Arvizo voleva incontrare Michael Jackson con l'intenzione di intentare poi una causa contro di lui per abuso su minore? E se erano a conoscenza delle possibili motivazioni della Arvizo prima di arrestare e incriminare Jackson, perché le autorità scelsero di procedere con il caso?
La seguente relazione fa un'analisi approfondita della famiglia Arvizo: dei loro precedenti sul fare accuse di abuso sessuale per guadagnarci, dei loro tentativi di fare cassa grazie al loro rapporto con Michael Jackson e, infine, del loro coinvolgimento con diversi attori di primo piano nel caso per molestie su minore contro Jackson risalente al 1993.
I PRECEDENTI DELLA FAMIGLIA ARVIZO
Prima di accusare Michael Jackson di molestie su minore, la famiglia Arvizo era stata coinvolta in altri due casi di abuso sessuale. Nel 1998, Janet Arvizo, suo marito David ed i loro tre figli Gavin, Star e Davellin accusarono le guardie di sicurezza dei grandi magazzini JCPenney e del negozio di musica Tower Records di averli aggrediti fisicamente dopo averli fermati per taccheggio.
Due anni dopo aver depositato in tribunale una causa contro le società per 3 milioni di dollari di risarcimento, Janet Arvizo accusò le guardie di sicurezza anche di averla aggredita sessualmente durante l’alterco, precisamente di averle pizzicato il capezzolo per 25 volte, accusa che non era mai emersa nella sua iniziale deposizione. Le società raggiunsero un accordo per la cifra di 152.500 dollari senza ammissione di colpa.
Tom Griffin, l’avvocato che rappresentava il JCPenney nel caso, disse al giornalista della NBC Mike Taibbi che la famiglia Arvizo non aveva alcuna prova a sostegno delle loro affermazioni: “La madre semplicemente inventò questa favoletta, anzi, non una favoletta, un racconto dell’orrore e lo portò avanti” (http://www.msnbc.msn.com/id/4448227).
Uno psichiatra assunto da JCPenney durante l’investigazione disse che le testimonianze dei bambini sembravano provate e recitate sulla base di un copione, sospetto che venne confermato dal loro padre. In una dichiarazione giurata, David Arvizo ammise che i bambini erano stati addestrati dalla madre a mentire. Secondo Russell Halpern, avvocato del signor Arvizo, “la madre scrisse tutte le loro testimonianze. Io ho proprio visto il copione” (Deutsch, Linda,“Mother Coached Children to Lie in Court Before?” Associated Press: http://site2.mjeol.com/mj-related/article-highlight-mother-coached-children-to-lie-in-court-before.html).
Halpern era stato assunto quando tra gli Arvizo cominciò un’aspra battaglia legale per la custodia dei bambini dopo il loro divorzio nel 2001. La contesa prese una piega inaspettata quando Janet Arvizo accusò il suo ex marito di essere violento, accusa inizialmente negata dai tre figli della coppia.
Nell’ottobre 2001, assistenti sociali furono chiamati ad indagare sulla famiglia Arvizo a seguito di una lite avvenuta fra le loro mura domestiche. Interrogati per conto loro, i bambini non fecero alcuna allusione a violenze da parte del padre. “Non c’è stata nessuna violenza fisica, solo urla, e non tantissime” raccontarono i bambini agli assistenti sociali.
Quando Janet Arvizo rientrò a casa e scoprì che il dipartimento di assistenza all’infanzia e alle famiglie aveva interrogato i suoi figli in sua assenza, si mise subito in contatto con l’agenzia. Gli assistenti sociali tornarono all’appartamento della famiglia e interrogarono di nuovo i bambini. In presenza della loro mamma, essi cambiarono drasticamente la loro storia, accusando il loro padre di essere stato violento.
Nel rapporto che ne seguì, David Arvizo era accusato di aver dato un calcio a sua figlia Davellin e di averle presumibilmente rotto l’osso sacro, colpito suo figlio Star in testa e con un pugno allo stomaco, aver dato uno schiaffo a Gavin in corrispondenza di una delle sue cicatrici ancora in via di guarigione e aver messo la testa di sua moglie Janet sotto l’acqua. I bambini accusarono il loro padre di averli minacciati di morte se si fossero mai azzardati a raccontare a qualcuno i presunti abusi.
Janet Arvizo successivamente dichiarò anche che il suo ex marito aveva molestato e imprigionato ingiustamente la loro figlia 12 anni prima, accuse che si materializzarono solamente durante la battaglia per la custodia. Secondo i documenti di tribunale, la signora Arvizo “non era in grado di fornire nessun’altra informazione pertinente riguardo al presunto abuso”. Anni più tardi, Janet Arvizo ed i suoi figli lanceranno accuse simili contro Jackson.
David Arvizo ricorse al nolo contendere in risposta alle accuse e come risultato gli venne proibito di vedere i suoi figli. Durante un’intervista al Larry King Live, l’avvocato Halpern fece notare come Janet Arvizo avesse stravolto il suo racconto sull’ex marito: “Le era stato specificamente chiesto: Ti ha mai colpita? E lei rispose di no, che lui era un marito meraviglioso e non aveva mai toccato né lei né i suoi figli.” (http://transcripts.cnn.com/TRANSCRIPTS/0402/13/lkl.00.html)
Quando poi furono depositati in tribunale i documenti per la custodia, Janet Arvizo affermò che i suoi figli erano terrorizzati dal padre, che ogni notte uno dei bambini barricava la porta di casa con due sedie. Lei cambiò radicalmente versione della storia giusto un mese prima che gli Arvizo arrivassero all’accordo con JCPenney per la cifra di 152.500 dollari.
Questi precedenti diedero supporto all’idea, sostenuta in tribunale dalla difesa di Jackson, che Janet Arvizo aveva una tendenza a raccontare storie in contraddizione fra loro, addestrare i suoi figli a mentire e usare le accuse di abuso per guadagnarci.
JACKSON INCONTRA IL SUO ACCUSATORE
Ma come è stato proprio possibile che Michael Jackson, senza dubbio uno degli artisti più famosi del pianeta, finisse coinvolto con l’inquieta famiglia Arvizo?
Nel 2001, Gavin, il figlio maggiore di Janet Arvizo, in cura per un tumore, fece la richiesta di incontrare Michael Jackson attraverso la “Make a Wish Foundation” (Fondazione “Esprimi un desiderio”). Jackson lo accontentò e alla fine strinse amicizia con il ragazzo e la sua famiglia. In un primo momento, la signora Arvizo caratterizzò il rapporto dei suoi figli con il cantante come quello di un "padre amorevole con i suoi figli e figlie", dando a Jackson persino il merito di aver aiutato Gavin a vincere la sua battaglia contro il cancro.
I documenti di tribunale mostrano che quella non era la prima volta che gli Arvizo avevano usato il cancro del ragazzo come un modo per avvicinarsi alle celebrità. Secondo un rapporto presentato dal Dipartimento per i servizi all’infanzia e alla famiglia: “la madre ha detto che hanno conosciuto le celebrità per via della malattia di suo figlio e che le celebrità sono di grande supporto a suo figlio e a tutta la sua famiglia."
Janet Arvizo disse anche ad un assistente sociale che attraverso il cancro di suo figlio, lei aveva "trovato il modo di ottenere le cose per i suoi figli” (Rapporto del Department of Children and Family Services della Contea di Los Angeles, ottobre 2001), un'affermazione sostenuta dalle storie seguenti.
Alla fine del 2000, il giornale locale “Mid Valley News” pubblicò un articolo sulla famiglia Arvizo dopo che la signora Arvizo aveva raccontato ai redattori la situazione di suo figlio alle prese con il cancro. "Presentò la causa di suo figlio che aveva bisogno di ogni tipo di cura medica, ma loro non avevano i mezzi finanziari per dargliele", ricorda la redattrice Connie Keenan. Su richiesta della signora Arvizo, la Keenan chiese ai suoi lettori di donare soldi per aiutare la famiglia a pagare le cure per Gavin Arvizo. Il giornale riuscì a raccogliere un totale di 965 dollari per la famiglia Arvizo, denaro che la signora Arvizo volle che fosse "inviato a lei a suo nome, al suo indirizzo di casa."
Il reporter investigativo Harvey Levin rivelò poi che tutti i conti per le cure mediche di Gavin Arvizo erano stati coperti dall’assicurazione. "Non c'erano conti per le cure mediche", riferì Levin. "Il padre di questo ragazzo era coperto, l'intera famiglia era coperta dall’assicurazione, al cento per cento. Non hanno dovuto pagare un centesimo." Evidentemente, la signora Arvizo aveva mentito al giornale, usando la malattia del figlio come mezzo per convincere i lettori a darle i loro soldi.
Intervistata da Celebrity Justice, Connie Keenan espresse indignazione per le azioni della signora Arvizo. "Quella donna è uno squalo. Era solo a caccia di soldi. Voleva assolutamente che fosse scritto un secondo articolo su suo figlio perché con il primo non erano riusciti a farne abbastanza. E io le dissi di no. La sua risposta? ‘Beh, li prenderò da qualche altra parte’. Io risposi: Bene. I miei lettori sono stati usati, il mio staff è stato usato. E’ disgustoso” (http://www.madboard.com/threads/two-articles-celebrity-justice-report.56/; http://www.contactmusic.com/news-article/jackson.s-accuser-caught-up-in-alleged-charity-scam)
Un incidente simile ai verificò meno di un anno dopo. Nell'ottobre 2001 Gavin e Star marinarono la scuola, quando vennero avvicinati, presso la stazione ferroviaria Union Station, da due agenti del dipartimento di polizia di Los Angeles che chiesero ai due ragazzini perché non erano a scuola. I ragazzini cominciarono a piangere e raccontarono agli agenti che la loro mamma quello stesso giorno stava subendo un intervento chirurgico.
Gavin subito raccontò agli ufficiali anche del suo tumore, a causa del quale gli erano stati appena rimossi la milza e un rene, e poi mostrò loro le sue cicatrici.
Per caso, gli stessi agenti incontrarono Janet Arvizo sulle stampelle sei settimane più tardi, presso la stessa stazione. La signora Arvizo li informò che stava andando ad un colloquio di lavoro. I poliziotti, volendo fare qualcosa per aiutare gli Arvizo, andarono al loro appartamento e scoprirono che altri loro colleghi avevano donato alla famiglia un albero di natale. I due agenti, allora, comprarono per loro regali e le decorazioni per l’albero, oltre all'occorrente per la scuola per i bambini, e raccolsero più di 200 dollari in loro favore.
Non si sa se i poliziotti coinvolti sapessero che gli Arvizo erano già aiutati da un nutrito gruppo di celebrità o che Gavin fosse stato il beneficiario di una precedente raccolta fondi al Laugh Factory di Hollywood (http://www.foxnews.com/story/0,2933,143229,00.html). E sarebbe interessante sapere anche perché gli Arvizo accettassero denaro e regali meno di un mese dopo aver ricevuto il risarcimento extragiudiziale da JCPenney.
Proprio come gli agenti della polizia di Los Angeles, Jackson rimase coinvolto dalla famiglia Arvizo perché era dispiaciuto per loro. In un'intervista con il giornalista Ed Bradley, Jackson spiegò che aveva semplicemente voluto dare a Gavin "la possibilità di avere una vita... gli era stato detto che stava per morire... hanno detto ai suoi genitori di prepararsi per il suo funerale per quanto stava male. E l’ho messo in un programma. Ho aiutato molti bambini facendo questo. L’ho messo in un programma mentale.” (http://www.cbsnews.com/stories/2003/12/28/60minutes/main590381.shtml)
Nel febbraio 2003, Gavin Arvizo apparve nel "Living with Michael Jackson", un documentario britannico sulla vita di Jackson. Mentre l’intervista del giornalista Martin Bashir a Gavin accennò brevemente all'influenza positiva che Jackson aveva avuto sul recupero del ragazzo, l’attenzione dell'intervista fu spostata quando Gavin annunciò - apparentemente dal nulla - che una volta aveva trascorso la notte nella camera da letto di Jackson.
"Una notte gli ho chiesto se potevo rimanere nella sua camera da letto e lui me lo ha permesso" Gavin raccontò a Bashir. Jackson subito sottolineò che il ragazzo, accompagnato dal fratello minore, aveva dormito nel letto di Jackson, mentre Jackson aveva dormito in un sacco a pelo sul pavimento.
Indipendentemente da ciò, questa scena - insieme con l'affermazione di Jackson secondo cui condividere il letto con qualcuno è l’azione più amorevole che si possa fare – suscitò una tempesta di polemiche.
Come l'indignazione pubblica contro Michael raggiunse toni infervorati, le accuse di abuso sessuale mosse contro di lui dieci anni prima sarebbero presto tornate a tormentarlo.
IL CASO DEL 1993
Nel 1993, un ragazzino di nome Jordan Chandler aveva accusato il cantante di abusi sessuali. Alcuni giorni dopo la messa in onda del documentario "Living with Michael Jackson", venne rilasciata su internet la deposizione scritta del ragazzo. Molti ritennero che, data la natura di tali accuse, era altamente inappropriato che Jackson condividesse la sua camera da letto con i bambini.
Jackson non fu mai incriminato penalmente nel 1993: contro di lui Jordan Chandler ed i suoi genitori, Evan e June Chandler, separati da tempo, depositarono una causa civile per risarcimento. Questa causa civile fu risolta con un accordo e quando il procuratore Sneddon chiamò Jordan sul banco dei testimoni durante il processo, lui si rifiutò, portando molti a credere che il suo silenzio fosse stato comprato. Ma non è questo ciò che rivelano i documenti di tribunale: l’accordo non prevedeva che ai Chandler fosse impedito di testimoniare contro Jackson in un processo penale: http://www.thesmokinggun.com/documents/celebrity/michael-jacksons-15-million-payoff
Secondo Geraldine Hughes, che al tempo delle accuse era la segretaria legale di Barry Rothman, l’avvocato divorzista di Evan Chandler, il processo civile avrebbe preceduto un eventuale processo penale. Questo, sostiene la Hughes, spinse gli avvocati di Jackson a consigliargli un accordo extragiudiziario.
La spiegazione della Hughes trova riscontro nella mozione depositata in tribunale dagli avvocati di Jackson per richiedere che il procedimento civile fosse sospeso fino al termine della risoluzione del caso penale: se la loro mozione fosse stata accolta, non ci sarebbe stato alcun accordo. La mozione, tuttavia, venne respinta.
La Hughes descrive le implicazioni che sarebbero derivate dal rifiuto del giudice di posticipare il procedimento civile: “C’era il rischio che Michael Jackson si trovasse a subire due procedimenti per uno stesso reato, dovendo difendere sé stesso sia nel processo penale che in quello civile, sebbene la legge sia chiaramente concepita per impedire che un imputato possa essere processato 2 volte per lo stesso reato nello stesso momento”.
Gli avvocati di Jackson depositarono un’altra mozione chiedendo che al procuratore distrettuale fosse impedito di ottenere materiale probatorio usato nel procedimento civile, richiesta altrettanto respinta. La Hughes spiega: “L’ufficio del procuratore distrettuale era in attesa di utilizzare nella loro indagine penale anche le informazioni che sarebbero emerse nella causa civile”.
Se Jackson non avesse risolto il caso civile, avrebbe messo a rischio la sua strategia difensiva rivelando le prove a sua discolpa all’accusa mesi prima che il caso penale andasse a processo.
Nel suo libro Redemption: the Truth behind the Michael Jackson child molestation allegations (Redenzione: la Verità dietro le accuse di abuso su minore a Michael Jackson), la Hughes afferma che le accuse a Michael Jackson facevano parte di un elaborato piano escogitato da Evan Chandler, dentista di Beverly Hills radiato dall’albo, e dal suo avvocato, Barry Rothman, per estorcere denaro alla pop star, opinione comprovata dalla registrazione di una conversazione telefonica fra Chandler e Dave Schwartz, il patrigno di Jordan: http://www.youtube.com/watch?v=ZnubxWTWf_4
Nella telefonata, registrata prima che il ragazzino avesse mosso una qualunque accusa, si può sentire Chandler dire: “tutto sta andando secondo un certo piano che non è solo mio. Questo avvocato che ho trovato, ho scelto il peggior figlio di puttana che potessi trovare. Tutto ciò che vuole è far uscire pubblicamente questa storia nel modo più veloce e grandioso che gli riesca di fare. Una volta che io avrò fatto quella telefonata, questo tipo distruggerà chiunque all’orizzonte in ogni subdolo, cattivo e crudele modo che possa fare. E io gli ho dato piena autorità di farlo. Se vado fino in fondo a questa storia, ne uscirò alla grande. Non c'è alcuna possibilità che io perda, ho verificato tutto. Io otterrò tutto ciò che voglio e la carriera di Michael Jackson sarà finita."
E quando Schwartz gli chiede: “Questo sarà di aiuto a Jordan?”, Evan Chandler risponde: “E’ IRRILEVANTE PER ME. Sarà un massacro, se non avrò tutto ciò che voglio”.
Nel 1994, la giornalista Mary Fischer svolse un’indagine di 5 mesi sulle accuse, anche lei concludendo che Jackson era stato vittima di un’estorsione. Il suo articolo Was Michael Jackson Framed (Michael Jackson è stato incastrato?: http://www.truth4mj.it/mj/index.php?option=com_content&view=article&id=79:michael-jackson-e-stato-incastrato-articolo-gq-del-1994&catid=35:articoli-verita-sulla-vita&Itemid=60) comparve sulla rivista GQ esaminando il caso dall’inizio. Citando il reporter della KCBS-TV Harvey Levin come sua fonte, la Fischer riportò che Jordan Chandler non fece alcuna accusa contro Michael Jackson prima di recarsi allo studio dentistico del padre dove gli venne somministrato un farmaco che altera i ricordi. “In presenza di Evan Chandler e di Mark Torbiner, un anestesista dentale, al ragazzino venne dato il controverso farmaco Amytal sodico ed è stato dopo la seduta che il ragazzino fece le sue accuse contro Jackson per la prima volta”.
In una lunga confutazione dell’articolo, lo zio di Jordan, Ray Chandler, dichiarò falsa l’accusa dell’Amytal sodico, proseguendo col definire l’intera storia raccontata dalla Fischer una “favola” inventata da qualche membro dell’entourage di Jackson. Tuttavia, la trascrizione di una delle sedute psicoterapeutiche di Jordan Chandler descrive le circostanze in cui il ragazzino raccontò il presunto abuso a suo padre per la prima volta in termini che sembrano corroborare quanto riportato dalla Fischer:
“Una volta, mentre ero lì, mio padre doveva tirarmi un dente. A me non piace il dolore, perciò gli dissi: “potresti addormentarmi?” e lui rispose: “certo”. Allora il suo amico mi addormentò, lui è un anestesista. E quando mi svegliai, mio padre mi disse: “voglio solo che tu me lo dica, è successo qualcosa fra te e Michael? Ed io dissi: “sì” e lui mi diede un grosso abbraccio e finì lì.”
Sulla base della stessa ricostruzione dei fatti di Jordan, a lui venne effettivamente somministrato un farmaco prima che avanzasse le accuse di abuso contro Michael Jackson. Anche se il ragazzino non specificò mai il nome del farmaco, è probabile si trattasse proprio dell’Amytal sodico, dal momento che ogni altro dettaglio nel rapporto della Fischer si è rivelato accurato.
Se a Jordan Chandler fu dato l’Amytal sodico prima che accusasse Michael Jackson di molestie sessuali, questo che implicazioni comporta sulla veridicità delle accuse del ragazzo?
L’Amytal sodico è un barbiturico che induce lo stato ipnotico del paziente. Sebbene inizialmente fosse ritenuto un siero della verità, successivi esperimenti mostrarono che le dichiarazioni rese da coloro ai quali era stato somministrato erano assolutamente inattendibili. “Indagini rilevarono che il farmaco rende le persone vulnerabili a suggestioni dell’intervistatore sia accidentali che deliberate”, spiega August Piper Jr., un esperto della sindrome della falsa memoria. (http://www.fmsfonline.org/APiper.html#AP1)
Secondo le parole dello stesso Jordan Chandler, fu solo dopo che gli era stato somministrato un farmaco che suo padre cominciò ad indagare sul suo rapporto con Michael Jackson.
Nella sua confutazione dell’articolo della Fischer, Ray Chandler espresse scetticismo in merito alla capacità del farmaco di convincere il ragazzino di essere stato molestato, ma la psichiatra Peggy Elam ribadisce che l’Amytal sodico può “aumentare la sicurezza del paziente nella sua memoria, persino quando questa è falsa.”
Dopo avergli somministrato il farmaco, Evan Chandler portò suo figlio dallo psichiatra; mentre era lì, saltarono fuori le esplicite accuse contro Michael Jackson, che indussero la polizia ad indagare.
L’accusa, condotta dal procuratore distrettuale di Santa Barbara Tom Sneddon e dal procuratore distrettuale di Los Angeles Gil Garcetti, non riuscì a trovare nessuna prova attendibile corroborante. Una volta che il ragazzino rifiutò di testimoniare, il caso si sgretolò.
Quando Jordan si rifiutò di testimoniare contro Jackson, molti furono portati a credere che non lo fece perché pagato milioni per il suo silenzio. E resta questa anche la convinzione di chi condanna Michael Jackson a prescindere dalla conoscenza dei fatti: “Questi squallidi accordi sono strutturati dagli avvocati per gli imputati ricchi come Jackson. Le vittime non sono pagate in un’unica soluzione, ma piuttosto durante un lungo periodo di tempo per assicurarsi il loro silenzio, altrimenti perdono la loro ricompensa monetaria”.
Ma un’analisi del testo dell’accordo , che i Chandler conclusero con Michael Jackson il 25 gennaio 1994 attraverso l’avvocato civilista Larry Feldman, mostra chiaramente che le loro illazioni sono infondate.
L’accordo contiene un solo rigo di riferimento a Jackson che consegnerà agli avvocati del ragazzo le "confessions of judgement" (confession of judgment è un termine giuridico che si riferisce ad un tipo di contratto, o ad una clausola con tale disposizione, in cui una parte accetta di lasciare che l’altra parte emetta una sentenza contro di lui o lei: http://en.wikipedia.org/wiki/Confession_of_judgment, ndt) per una cifra complessiva di $15,331,250.
Tuttavia, poiché l'intera sezione di otto pagine dell’accordo dal titolo "Settlement Payment” (“Disposizioni di pagamento”) non è inclusa nel documento, non è chiaro in che modo il versamento a otto cifre sia stato trasferito al ragazzo o quanto i suoi genitori siano stati pagati. Un riferimento alla creazione di un "qualified funding asset” (una particolare attività finanziaria che regola i pagamenti, ndr) starebbe ad indicare che una rendita (probabilmente esente da tasse) era una parte centrale della liquidazione.
Bene, ora è più o meno risaputo che Evan e June Chandler ottennero 1.500.000 di dollari ciascuno (durante il processo del 2005, June Chandler disse che era stata un'idea di Jordan che i genitori prendessero il loro denaro separatamente). Il loro avvocato Larry Feldman ottenne 3 milioni più il 10% della liquidazione, il che avrebbe portato i suoi guadagni a 5 milioni di dollari. La parte restante della somma di 15 milioni di dollari, venne tenuta in amministrazione fiduciaria per Jordan Chandler e l’ultima parte di essa gli venne pagata nel 1999.
Controlliamo le principali clausole dell’accordo.
1) La somma doveva essere pagata a rate in base alla formulazione di numerose clausole che fanno riferimento ad una certa pianificazione di pagamento:
"Qualsiasi inadempienza da parte di Jackson nell’ottemperare ai pagamenti di cui al paragrafo 3 quando dovuti sarà considerata una Violazione Sostanziale di questa Transazione Confidenziale”
2) In nessuna circostanza Michael poteva rifiutarsi di pagare (il che rende irrilevante il punto precedente). Anche se i Chandler avessero rotto l'accordo, nessuna somma avrebbe potuto essere trattenuta in quanto gli obblighi di Michael al pagamento erano ASSOLUTI:
“L’obbligo di Jackson ad ottemperare alle disposizioni di pagamento, come previste nel presente paragrafo, quando dovuto è assoluto; a prescindere da qualsiasi violazione, effettiva o dichiarata, della Transazione Confidenziale e a prescindere da ogni altra rivendicazione che Jackson potrebbe sostenere o avere contro una qualunque parte della presente Transazione Confidenziale ... Jackson non dovrà trattenere alcuna quota delle disposizioni di pagamento”
3) Che cosa è considerato come una violazione del contratto? O viceversa, che cosa è considerato come il suo pieno adempimento? In altre parole, a che cosa serviva pagare?
Pagare serviva per far tacere i Chandler con i MEDIA, non con le AUTORITA’ competenti.
Più della metà (!) dell’accordo si sofferma sull'obbligo dei Chandler a non collaborare con i media o qualsiasi attività editoriale. L'indagine penale andò avanti dopo l'accordo e i Chandler ebbero molte opportunità di dare la loro testimonianza in tribunale –cosa che gli era assolutamente permesso di fare:
"Il Minore, da e attraverso i suoi Tutori, Evan Chandler e June Chandler, e ciascuno di loro individualmente e per conto dei loro rispettivi agenti… accettano di non prendere, in qualsiasi momento futuro, alcun impegno e di non stipulare alcun contratto, accordo, impegno, intesa o altro obbligo, con nessun media, inclusi..."
"Il Minore, da e attraverso i suoi Tutori, e Evan Chandler e June Chandler... accettano di non cooperare con, figurare, o fornire alcuna informazione a qualsiasi persona o entità che inizi una qualsiasi rivendicazione o azione civile correlata in qualche modo alla materia oggetto del ricorso contro Jackson ad eccezione di quanto possa essere richiesto dalla legge ".
4) Come si sarebbero comportati i Chandler se fosse stato emesso un mandato di comparizione in tribunale nei loro confronti? Qualcuno avrebbe potuto impedire loro di testimoniare? No, il MASSIMO che Michael poteva fare era solo ottenere la notifica del mandato di comparizione:
"Nel caso in cui il Minore, i Tutori Legali del Minore, i Tutori del Minore, gli Avvocati del Minore, Evan Chandler o June Chandler... ricevano qualsiasi mandato di comparizione o richiesta di informazioni da qualsiasi persona o entità giuridica che sostenga, o stia indagando, qualsiasi rivendicazione contro Jackson o le pubblicazioni di Jackson o l’azione o le richieste, accettano di notificare per iscritto agli avvocati di Jackson circa la natura e lo scopo di qualsiasi mandato di comparizione per informazione, nella misura consentita dalla legge."
5) Perciò, i Chandler potevano testimoniare e non ci sarebbe stata nessuna violazione del contratto. Diffondere le loro accuse attraverso i media era L'UNICO modo per loro di rompere l'accordo. Quale sarebbe stata la linea di condotta di Michael o dei Chandler nel caso in cui tale violazione avesse avuto luogo?
"Nel caso in cui una parte sostenga che l’altra parte abbia commesso una Violazione Sostanziale ... le parti cercheranno di risolvere la controversia in modo informale. Se le parti non sono in grado di risolvere la controversia in modo informale ... le parti possono sottoporre la questione ad arbitrato dinanzi a una giuria composta da tre giudici di giudici pensionati".
6) Ci sarebbero state delle sanzioni? La famiglia avrebbe dovuto restituire almeno una parte del denaro se i giudici avessero ritenuto che i Chandler avevano rotto l'accordo? Molto probabilmente sì, se Jackson avesse scelto di rivendicare un risarcimento per questo:
"I Chandler, e ciascuno di essi, sottintendono che… Jackson possa sostenere, in qualsiasi siffatto arbitrato, che egli ha il diritto di recuperare a titolo di risarcimento i pagamenti disposti, o parte di essi, versati ai sensi del presente Accordo Confidenziale".
E’ questa la clausola che ha reso i detrattori di Michael Jackson così insoddisfatti? Ma il punto fondamentale dell'accordo era quello di fermare i Chandler da ulteriori maldicenze e persecuzioni dei media! Se loro avessero violato questo punto, voleva dire che non avevano rispettato l'accordo per nulla - e allora perché consentire loro di tenere il denaro?
Se i Chandler avessero voluto parlare o avere giustizia, LORO AVREBBERO ANCORA POTUTO TESTIMONIARE IN TRIBUNALE. Qui loro avevano due possibilità.
1) Vanno in tribunale e dimostrano ciò che loro sostengono. Il colpevole va in prigione e loro tengono i soldi.
2) Vanno in tribunale e non riescono a dimostrare ciò che loro sostengono. L’uomo accusato ingiustamente esce libero e loro probabilmente devono restituire i soldi (dato che in realtà non c'è nulla per cui pagare).
Era questa seconda possibilità ciò di cui Evan Chandler aveva paura? E’ per questo che Jordan non ha mai testimoniato in tribunale? E Jordan lasciò persino il paese per tutta la durata del processo per evitare di essere chiamato? E ha cambiato la sua residenza tre volte, secondo suo zio? Tutto questo perché sapeva che le sue bugie sarebbero state ridotte a brandelli, se esaminate in tribunale?
I file dell'FBI dicono che il procuratore Ronald Zonen, insieme ad un agente dell’FBI, da Santa Barbara andò a New York per interrogare Jordan Chandler e lui disse che non voleva testimoniare, che lui "aveva fatto la sua parte" e che avrebbe intrapreso un’azione legale se loro lo avessero costretto a farlo.
Stava andando a DENUNCIARLI per averlo spinto a parlare in tribunale!
Quindi, qual è la risposta a quelli che condannano Michael Jackson, i quali sostengono che Michael si sia garantito il silenzio dei Chandler facendo l'accordo?
Che sì, ai Chandler non era permesso parlare con i media, ma ASSOLUTAMENTE NULLA NELL’ACCORDO IMPEDIVA AI CHANDLER DI ANDARE A PARLARE IN TRIBUNALE.
Jordan doveva rimanere zitto nel senso che non poteva rilasciare interviste, ma poteva testimoniare e continuare a ricevere tutti i soldi perché il procedimento penale è separato e non è possibile finire nei guai per aver testimoniato.
Per cui, il suo silenzio in tribunale NON è stato comprato , lo è stato il suo silenzio con i media.
Considerando la quantità massacrante delle persecuzioni mediatiche attraverso cui Michael Jackson è dovuto passare, NESSUNO può biasimarlo per aver voluto un po' di tranquillità - finalmente. E’ un desiderio normale di qualsiasi essere umano normale, che si è trovato in circostanze anormali e ha dovuto fare i conti con persone anormali.
Per quanto riguarda la paura dei Chandler che il denaro non sarebbe stato versato tutto se loro avessero parlato pubblicamente, una clausola speciale del contratto si occupava di un simile pericolo: l'obbligo di pagare la somma pattuita era ASSOLUTO e non dipendeva dalla presunta o persino REALE violazione del contratto. Il perché è chiaro: ciò che sembra essere una violazione vera e propria ad una parte può sembrare immaginaria all'altra, ed è solo il gruppo dei giudici arbitri che può decidere cosa è cosa. Perciò, il denaro sarebbe arrivato lo stesso, qualunque siano le affermazioni di coloro che condannano Michael Jackson.
L'accordo andò alla compagnia di assicurazione che provvide a pagare i Chandler, pur non essendo parte dell’accordo, come di consueto in questi casi, ma la notizia venne fuori ugualmente dai media. Perciò, la speranza di Michael di chiudere quella pagina terribile della sua vita per ricomporla lasciandosela alle spalle, non si avverò. Nonostante il giorno dopo l'accordo Reuters e USA Today annunciarono che la descrizione di Jordan (delle parte intime di Michael Jackson, ndt) non aveva niente a che fare con la realtà, nessuno si accorse di questa notizia o fu creduta. La frenesia dei media riprese con nuovo vigore…
Giusto in caso che qualcuno lo abbia dimenticato: Michael Jackson ha negato con veemenza che ogni accusa avesse avuto luogo, e l'accordo si riferisce a questo in varie clausole:
"Questo Accordo Confidenziale non dovrà essere interpretato come un'ammissione da parte di Jackson di aver agito illecitamente per quanto riguarda il Minore, Evan Chandler o June Chandler...
Le parti riconoscono che le disposizioni di pagamento sono il risultato della liquidazione delle richieste da parte di Jordan Chandler, Evan Chandler e June Chandler per presunto risarcimento danni per presunte lesioni personali derivanti da affermazioni di negligenza e non per rivendicazioni di intenzionali o illegali atti di molestie".
L’uscita di scena di Jordan Chandler non significò la chiusura delle indagini su Michael Jackson.
Quando la Fischer pubblicò il suo articolo, il procuratore Tom Sneddon espresse il suo disaccordo in più occasioni, lasciando intendere che in realtà c’erano indizi che corroboravano la storia raccontata da Jordan, ma ogni volta mancò di spiegare perché due Grand Jury rifiutarono di incriminare Michael Jackson, se tali prove effettivamente esistevano. Nel 1995, Sneddon disse alla rivista Vanity Fair che “lo stato delle indagini è sospeso fino a quando qualcuno si fa avanti”. (http://www.talkleft.com/story/2003/11/19/867/02974#004397)
Subito dopo la messa in onda del documentario "Living with Michael Jackson", Sneddon vide l'opportunità di riaprire il caso. Il procuratore rilasciò un comunicato stampa:
"Dopo aver parlato con lo sceriffo Jim Anderson, si è convenuto che la trasmissione della BBC sarebbe stata registrata dal Dipartimento dello Sceriffo. Si prevede che sarà rivista.” Riguardo a quanto Jackson aveva detto nel documentario sull’aver permesso a dei bambini di dormire nella sua camera da letto, Sneddon rispose dicendo che era “inusuale, nella migliore delle ipotesi. Per questo motivo, tutti i dipartimenti locali in qualche modo coinvolti stanno prendendo la questione seriamente."
Nella dichiarazione, Sneddon sottolineò che il caso non poteva andare avanti senza "la collaborazione di una vittima." Per pura coincidenza, lo stesso ragazzino apparso nel documentario sarebbe poi diventato il secondo accusatore di Jackson.
Sneddon non fu l'unico attore principale dal caso del 1993 che uscì allo scoperto dopo la messa in onda del documentario di Martin Bashir. Nel febbraio 2003, l'ex avvocato civilista dei Chandler, Gloria Allred, che si occupò del loro caso per 36 ore prima di essere sostituita da Larry Feldman, fece numerose apparizioni televisive, nelle quali chiedeva che fosse tolta a Jackson la custodia dei suoi figli.
Anche Larry Feldman parlò con i media, negando con veemenza che il suo ufficio era responsabile della soffiata alla stampa della deposizione di Jordan Chandler. (http://www.foxnews.com/story/0,2933,78351,00.html)
Infine, in un salace speciale della Dateline NBC intitolato Michael Jackson Unmasked, Bill Dworin, un ufficiale della polizia di Los Angeles in pensione che aveva lavorato sul caso Jackson, e Ray Chandler parlarono con il corrispondente Josh Mankiewicz, entrambi sostenendo che c’erano valide prove per dimostrare la colpevolezza di Jackson nel caso del 1993. (http://www.msnbc.msn.com/id/3080078)
Secondo la difesa, fu durante questo periodo che la famiglia Arvizo cominciò a causare problemi all'interno dell’ambiente di Jackson. Il comportamento sospetto della famiglia, in coppia con il disastro a livello di pubbliche relazioni che seguì dopo la messa in onda del documentario, indusse Jackson ad assumere l’avvocato penalista Mark Geragos.
GLI ARVIZO VANNO A DEPORRE
"Sono stato coinvolto nel febbraio 2003, quando qualcuno, saggiamente guardando la vicenda a posteriori, sentiva che c'era qualcosa che non andava con questa particolare famiglia," spiegò al “Larry King Live” Mark Geragos, l’avvocato che aveva assunto la difesa di Jackson, prima di essere sostituito da Thomas Mesereau. "Mettemmo in moto un piano in termini di indagine e documentazione delle cose perché si sospettava che qualcosa stava per accadere."
Il "piano" includeva far firmare agli Arvizo numerose dichiarazioni giurate nelle quali giuravano che non era mai accaduto nulla di inappropriato fra Gavin e Michael Jackson. Geragos ingaggiò anche il suo investigatore privato per effettuare registrazioni video e audio della famiglia Arvizo in difesa di Jackson. (http://transcripts.cnn.com/TRANSCRIPTS/0312/18/lkl.00.html)
L'accusa avrebbe poi sostenuto che gli Arvizo erano stati intimiditi a fare queste dichiarazioni, ma la testimonianza del marito di Janet Arvizo, Jay Jackson, contribuì a smontare questa teoria. Jay Jackson raccontò che gli Arvizo erano a casa sua, non di Michael Jackson, quando l’investigatore privato di Geragos li intervistò.
L’ex videografo di Jackson, Christian Robinson, registrò un’intervista con la famiglia Arvizo nella quale lui chiese ripetutamente se Jackson aveva mai fatto niente di male. "Naturalmente, risposero assolutamente no. Tutti loro... io stava facendo loro solo una domanda ed era come se fossero arrabbiati con me, come se volessero dirmi: perché ci stai chiedendo questo? Michael è innocente”. (http://abcnews.go.com/GMA/story?id=128004&page=1#.UHu2HsWyOSo)
Il giornalista Ed Bradley aveva avuto un’esperienza simile con la famiglia Arvizo in occasione della sua visita al Neverland Ranch di Jackson nel febbraio 2003. "Ci siamo seduti in cucina con caffè, ciambelle e bibite e [Janet Arvizo] e i ragazzi dissero che erano disposti ad andare in televisione a raccontare che grande persona fosse Michael Jackson." (http://transcripts.cnn.com/TRANSCRIPTS/0402/04/lkl.01.html)
Oltre a rendere dichiarazioni positive su Jackson al suo team difensivo e ai suoi dipendenti, gli Arvizo negarono anche qualsiasi cattiva condotta da parte di Jackson con gli assistenti sociali per tutto il mese di febbraio 2003.
IL COINVOLGIMENTO DELLE AUTORITA’
Spinto da ciò che era stato mostrato nel documentario "Living with Michael Jackson", un funzionario scolastico contattò il Dipartimento dei servizi per l’infanzia e la famiglia richiedendo un’indagine su Jackson. Dal 14 febbraio al 27 febbraio 2003, gli assistenti sociali interrogarono gli Arvizo, che tutti sostennero che Jackson non aveva mai agito in modo inappropriato intorno a loro. La signora Arvizo dichiarò che i suoi figli non erano mai stati lasciati soli con Jackson e che non avevano mai dormito in un letto con lui. (http://www.thesmokinggun.com/documents/crime/early-probe-cleared-michael-jackson)
Fu avviata un'altra indagine quando la psichiatra della tv Carole Lieberman depositò una denuncia presso il Dipartimento dello sceriffo della contea di Santa Barbara nel febbraio 2003. La Lieberman chiese che Jackson fosse indagato e anche che i suoi figli fossero rimossi dalla sua custodia. "E’ stato riportato che Bubbles lo scimpanzé [l’ex animale domestico di Jackson] ora vive in un rifugio per animali. Verrebbe da chiedersi come e perché ciò è avvenuto. Se il signor Jackson non è in grado di prendersi abbastanza cura del suo scimpanzé domestico, non si dovrebbe essere preoccupati per i suoi figli?"
A proposito del ragazzino nel documentario, la Lieberman osservò: "C'era un’inconfondibile sensazione che fosse accaduto qualcosa di sessuale con il ragazzino, come dimostra il suo linguaggio del corpo e il suo comportamento remissivo verso Michael."
Il dipartimento dello sceriffo della contea di Santa Barbara svolse le indagini e chiuse il caso il 16 aprile 2003 con “nessuna ulteriore azione è richiesta”. Il rapporto del dipartimento cita colloqui con gli Arvizo condotti da 3 assistenti sociali di Los Angeles. Secondo Gavin: “Michael è come un padre per me, non ha mai fatto nulla di sessuale nei miei confronti”. Aggiunse di non aver mai dormito in un letto con Michael e che sua madre sapeva sempre cosa succedeva a Neverland.
Janet Arvizo disse agli assistenti sociali: "Michael è come un padre per i miei figli, lui li ama ed io mi fido che i miei figli siano con lui". Di Jackson, lei disse che “non era mai stata nient'altro che meraviglioso. I miei figli non si sono mai sentiti a disagio in sua presenza. Michael è stata una benedizione.” Anche la sorella maggiore del ragazzo difese Jackson dicendo: “Michael è così gentile e affettuoso.” (http://today.msnbc.msn.com/id/4513744)
In che modo la famiglia Arvizo passò dall’elogiare Jackson a fare accuse così gravi contro di lui?
Volendo credere alla versione dei fatti dell’accusa, i dipendenti di Jackson avrebbero intimidito gli Arvizo nei loro colloqui con gli assistenti sociali, gli investigatori privati, i giornalisti e virtualmente qualunque altra persona che venne a contatto con loro dopo la messa in onda del documentario. Una volta che Jackson ottenne tutte queste loro dichiarazioni nero su bianco, allora poi molestò il ragazzino. Ma, come dimostrato dall’esito del processo, la verità è che la famiglia Arvizo fece queste accuse contro Michael Jackson quando ogni altro loro tentativo di arricchirsi sulle sue spalle fallì.
E’ TUTTO PER SOLDI
Dopo la messa in onda del documentario di Bashir, Janet Arvizo e il suo allora fidanzato Jay Jackson fecero diversi tentativi per fare cassa sulla loro connessione con Michael Jackson. Presero soldi da un tabloid britannico per raccontare quella che, fino a quel momento, era una storia piena solo di cose positive sulla pop star. Janet Arvizo sembrava indignata per la reazione della gente al documentario di Bashir e presentò un reclamo ufficiale con il Broadcasting Standards Commission.
La signora Arvizo aveva pianificato di fare anche causa alla società che aveva mandato in onda il documentario e nel febbraio 2003 assunse l’avvocato civilista William Dickerman perché la rappresentasse in questo procedimento. Dickerman disse alla ABC News: “Il ragazzino era stato ripreso senza alcun consenso e quando lei è venuta a saperlo, era assolutamente livida.” (http://abcnews.go.com/Primetime/story?id=132405&page=1#.UHu3Y8WyOSo)
Michael Jackson sembrava ugualmente irritato dal tono del documentario e cominciò a compilare le registrazioni delle sue telecamere personali per un video di confutazione. Per contrastare la pubblicità negativa sui suoi rapporti con i bambini, Jackson aveva le interviste di Gavin Arvizo e della sua famiglia, nelle quali tutti loro avevano reso dichiarazioni in difesa della pop star. Il filmato avrebbe dovuto essere incluso nel video di confutazione, ma Jay Jackson chiese dei compensi economici in cambio della partecipazione della famiglia.
Durante un’udienza pre-processo, Jackson ricordò di aver detto a uno dei collaboratori di Michael Jackson: "Questa famiglia non ha niente e voi state per guadagnare milioni dal video di confutazione: che cosa avete intenzione di fare per questa piccola famiglia?” Per appagare Jay Jackson, un associato offrì alla famiglia una casa e l’educazione universitaria ai bambini in cambio del loro permesso di utilizzare il filmato. Jackson rifiutò l'offerta, facendo invece una richiesta di denaro.
Nel febbraio 2003, Jay Jackson testimoniò anche di essere stato avvicinato da due giornalisti britannici interessati a pagare per la storia della famiglia. Secondo uno dei giornalisti che hanno avuto contatti con la famiglia, “La cifra di partenza era stata di 500 dollari da parte mia, e questo quando presumibilmente Jackson si consultò con la madre del ragazzino. "Jackson tornò poi con una richiesta di 15.000 dollari e fu mandato via.” (http://www.msnbc.msn.com/id/5796832#.UHu4YMWyOSo)
Quando i loro tentativi di fare cassa sulle polemiche post-Bashir fallirono, la famiglia Arvizo depositò un’istanza di aiuto di emergenza nel marzo 2003. I documenti del tribunale mostrano che una settimana dopo, Janet Arvizo presentò la richiesta di un aumento degli alimenti da parte del suo ex-marito e che il contributo per il mantenimento dei figli fosse raddoppiato. (http://www.foxnews.com/story/0,2933,110526,00.html)
Poco dopo, tornò da Dickerman con l'intenzione di citare in giudizio Michael Jackson per una questione estranea all’abuso su minore. Dickerman iniziò a scrivere una serie di lettere a Mark Geragos, sostenendo che Jackson era in possesso di alcuni beni che appartenevano alla famiglia, tra cui mobili e passaporti. Dickerman ne richiese la restituzione affermando inoltre che la famiglia era stata "molestata" e "terrorizzata" dall’investigatore privato di Mark Geragos, Bradley Miller. (http://abcnews.go.com/Primetime/story?id=132405&page=1#.UHu5C8WyOSp)
Sarebbero trascorsi mesi prima che la famiglia Arvizo portasse queste affermazioni alla polizia.
Mentre apparentemente le lettere erano state spedite per assistere gli Arvizo nella riappropriazione del loro mobilio e dei loro passaporti, sembrava che Dickerman fosse più interessato ad ottenere l’accesso a qualsiasi prova che avrebbe potuto dimostrare l'innocenza di Jackson se la famiglia successivamente avesse accusato la pop star di molestie su minore. In una lettera del 26 marzo 2003, Dickerman scrisse: "Gli Arvizo richiedono che Jackson fornisca immediatamente gli originali e tutte le copie di tutti i nastri e di tutte le registrazioni audio e video… che sono state fatte da o per conto di Jackson... e restituisca loro i documenti che hanno firmato inclusi… i documenti in relazione con l'azione legale in Gran Bretagna riguardo al Living with Michael Jackson e qualsiasi altro documento che porta le loro firme."
Mentre il rapporto tra Michael Jackson e gli Arvizo era evidentemente diventato contenzioso dopo la messa in onda del documentario di Bashir, essi comunque sostennero per tutto il tempo che Jackson non aveva mai abusato sessualmente del ragazzo. Tutto cambiò nel maggio 2003, quando Larry Feldman - l'avvocato civilista che aveva fatto da mediatore nell’accordo da 15 milioni di dollari con il primo accusatore di Jackson - entrò in scena.
L’INGRESSO DI LARRY FELDMAN
Dopo aver incontrato Larry Feldman, l'avvocato civilista che aveva rappresentato il primo accusatore di Michael Jackson, Gavin Arvizo alla fine si fece avanti con le accuse di abuso sessuale contro la pop star. La sua storia fu sostenuta da suo fratello minore Star, che affermò di aver testimoniato il presunto abuso. Feldman mandò i due ragazzi ad un consulto con lo psichiatra Stan Katz, lo stesso coinvolto nel caso del 1993. In base a dei documenti ottenuti dalla NBC, il dottor Katz disse a Gavin Arvizo: "Ascolta, se vai avanti con la causa civile, la vostra famiglia otterrà dei soldi in caso di vittoria." Improvvisamente, luridi dettagli sul presunto abuso cominciarono a materializzarsi. Gavin affermò che mentre era a Neverland “beveva alcol ogni sera e si eccitava.” Quando diceva a Jackson che gli faceva male la testa, apparentemente gli veniva risposto: “continua a bere, ti farà sentire meglio.”
Star Arvizo affermò che lui e suo fratello “dormivano sempre nella stanza di Michael con Michael... nel letto di Michael." Affermò di aver visto Jackson toccare il fratello impropriamente in almeno due occasioni separate.
Questi erano gli stessi bambini che, meno di quattro mesi prima, avevano difeso con veemenza Jackson davanti agli assistenti sociali. Per qualche motivo, dopo tutte le volte precedenti in cui avevano negato un qualsiasi abuso da parte di Jackson, i bambini Arvizo drasticamente cambiarono la loro storia dopo aver coinvolto Feldman e Katz, due giocatori chiave del caso 1993 contro Jackson.
Feldman si rivolse al Dipartimento dei servizi per l’infanzia e la famiglia, chiedendo di ribaltare la sentenza "infondata" emessa dall’organo istituzionale nel febbraio 2003. Il dipartimento rifiutò, dicendo che, poiché il ragazzo non era in pericolo immediato, non c'era nient'altro che loro potessero fare. Il dottor Katz poi segnalò il presunto abuso alla polizia di Santa Barbara, che successivamente avviò un'indagine nel giugno 2003.
Oltre al suo coinvolgimento sia con Jordan Chandler che con Gavin Arvizo, il dottor Katz aveva un altro collegamento con il caso Jackson: la sua lista dei pazienti includeva anche Bradley Miller, l'investigatore privato che era stato assunto da Mark Geragos per tenere d'occhio la famiglia Arvizo per tutto febbraio 2003.
Katz riferì alle autorità del coinvolgimento di Miller nel caso e li informò anche di un nastro che Miller aveva realizzato a metà febbraio con la famiglia Arvizo che difendeva Jackson. In quello che sembrò essere una mossa molto insolita, le autorità di Santa Barbara chiesero allora al patrigno dell'accusatore, Jay Jackson, di aiutarli ad indagare su Miller. Lavorando come un "uomo di fiducia," Jackson fu mandato a perlustrare l'ubicazione dell'ufficio di Miller per riferire le sue scoperte al dipartimento dello sceriffo della contea di Santa Barbara.
Dopo 5 mesi di indagini, il dipartimento di polizia di Santa Barbara era pronto a procedere con il suo caso. Ma prima, la famiglia Arvizo avrebbe dovuto concedere il suo assenso a mettere in attesa il procedimento civile per andare avanti con il caso penale contro Michael Jackson.
MICHAEL JACKSON ARRESTATO E INCRIMINATO
Nel giugno 2003, il procuratore distrettuale di Santa Barbara, Tom Sneddon, cominciò ad indagare personalmente sulle affermazioni della famiglia Arvizo contro Michael Jackson. In un colloquio con la polizia, Janet Arvizo sostenne che i dipendenti di Jackson avevano incessantemente vittimizzato lei e la sua famiglia. La signora Arvizo raccontò che una volta i rappresentati di Jackson si erano presentati a casa loro per chiedere alla famiglia di trasferirsi in Brasile: "una delle ragioni era perché c’erano persone che stavano per uccidere i bambini e me… principalmente i miei figli." Janet Arvizo disse di credere che il vero motivo dietro la proposta del viaggio era impedire alla famiglia di parlare con gli investigatori. Janet Arvizo affermò inoltre che Jackson aveva cominciato a spiarla quando sentì che lei stava facendo troppe domande sulla sua presunta relazione con suo figlio. "Una volta mi ricordo che i ragazzi mi dissero che sulla cima della collina, c'era come un piccolo... come, una cosa. E Michael aveva portato i ragazzi lassù per guardare dentro la mia camera da letto. Una cosa come un telescopio, io ho pensato che stessero scherzando. Michael voleva vedere che cosa facevo lì dentro." Quando la signora Arvizo alla fine provò a porre fine alla presunta relazione di suo figlio con Michael Jackson, apparentemente il ragazzino le sparò sul mignolo del piede con una pistola giocattolo.
Durante il colloquio, Janet Arvizo assicurò gli investigatori che a lei non interessavano i soldi di Michael Jackson. "Dio ha scelto me ed i miei figli perché sapeva che non avremmo ceduto per nessuna cifra. Che sarebbe stata la giustizia a contare più di ogni altra cosa.”. Ma, al contrario, le note del terapista del ragazzo rivelano che, all’epoca, gli Arvizo stavano progettando di presentare una causa contro Jackson con l'aiuto dell’avvocato civilista Larry Feldman. I loro piani di citare in giudizio la pop star, però, avrebbero dovuto aspettare perché dopo il caso del 1993, Sneddon aveva modificato la legge della California di modo che, se un procedimento civile e penale si basavano sulla stessa accusa, il procedimento civile sarebbe rimasto in attesa fino a dopo che il procedimento penale fosse stato risolto. Di conseguenza, se la famiglia avesse scelto di procedere con la loro causa civile, il procedimento sarebbe rimasto inattivo fino a quando lo statuto delle limitazioni nella causa penale non sarebbe scaduto.
Mentre sarebbero passati anni prima che gli Arvizo avrebbero potuto cercare il risarcimento danni a Jackson in tribunale, Sneddon li informò dell’esistenza di un fondo statale per le vittime che avrebbe potuto fornire loro una compensazione finanziaria se avessero insistito con le accuse. Nel mese di novembre, Sneddon incontrò Janet Arvizo in un parcheggio vuoto per fornirle la documentazione necessaria per richiedere il fondo. (http://abcnews.go.com/Entertainment/story?id=116524&page=1#.UHu52sWyOSo) Meno di un mese dopo, il caso andò avanti. Gavin Arvizo e la sua famiglia fornirono alle autorità 50 pagine di dichiarazione giurata con i dettagli delle loro accuse. Oltre alle accuse di molestie sessuali, gli Arvizo affermarono di essere stati tenuti in ostaggio nel ranch di Neverland di Jackson per diverse settimane a febbraio 2003, lo stesso mese durante il quale la famiglia aveva fatto numerosi tentativi di fare cassa sulla loro connessione con Jackson. Utilizzando la dichiarazione giurata per mostrare la probabile causa, Sneddon ottenne un mandato di arresto per Michael Jackson così come un mandato di perquisizione del Neverland ranch.
Dopo l'irruzione a Neverland il 18 Novembre 2003, le autorità perquisirono anche l'ufficio di Bradley Miller, l’investigatore privato assunto dall’avvocato di Jackson dell’epoca Mark Geragos, e la casa dell’ex operatove video di Jackson, Hamid Moslehi. Durante il raid della casa di Moslehi, Sneddon confiscò un nastro che conteneva filmati della famiglia Arvizo che tesseva le lodi di Jackson. Il contenuto del nastro rappresentava un problema per l'accusa: l’intervista alla famiglia era stata realizzata nel mese di febbraio 2003, ma secondo la loro dichiarazione giurata, Jackson aveva molestato il ragazzino e rapito la famiglia quello stesso mese. Avere accesso a questo nastro diede a Sneddon l'opportunità di familiarizzare con la strategia di difesa di Jackson centrata sull’inconsistenza delle dichiarazioni della famiglia Arvizo.
Nonostante questa prova, Sneddon andò avanti con il caso. Il 19 novembre, tenne una conferenza stampa nella quale il suo comportamento portò molti a credere che lui serbava un rancore contro Michael Jackson derivante dal caso del 1993. Malgrado la gravità delle accuse, Sneddon e lo sceriffo Jim Anderson crearono un'atmosfera gioviale durante quella conferenza, non risparmiando battute su Jackson. Dopo l’arresto di Jackson, Sneddon rilasciò un'intervista esclusiva alla giornalista Diane Dimond riferendosi alla pop star con il soprannome dispregiativo "Wacko Jacko", coniato dalla stampa scandalistica inglese, negando con forza, però, di avere una vendetta contro di lui. Successivamente, chiese scusa per i suoi commenti, dicendo: "Se mia madre fosse ancora viva, mi avrebbe rimproverato per non essermi comportato bene." (http://www.cnn.com/2003/LAW/11/26/sneddon/index.html)
Il 18 dicembre 2003, Jackson venne incriminato con 7 capi d’accusa per atti osceni e libidinosi con un bambino al di sotto dei 14 anni e due capi d’accusa per aver somministrato un agente inebriante. Questi presunti atti sarebbero avvenuti tra il 7 febbraio ed il 10 marzo 2003. Non appena le accuse contro Jackson furono presentate, vennero a galla molte incongruenze nel caso dell’accusa. Ad esempio, i trascorsi litigiosi della famiglia Arvizo divennero subito il centro dell’attenzione da parte dei media. Il pubblico apprese delle accuse che Janet Arvizo aveva mosso contro i grandi magazzini JCPenney e contro il suo ex-marito, così come il suo presunto passato di aver allenato i suoi figli a mentire sotto giuramento.
Molti cominciarono a mettere in discussione la tempistica del presunto abuso. Secondo le accuse, la presunta molestia era cominciata il 7 febbraio - il giorno dopo la messa in onda negli Stati Uniti del documentario "Living with Michael Jackson" del giornalista britannico Martin Bashir.
Molti ritenevano poco plausibile che Jackson avrebbe iniziato a molestare il ragazzo nel bel mezzo di un enorme scandalo che coinvolgeva lui e le accuse di abuso su minore mossegli in passato. Inoltre, sia il Dipartimento dei servizi all’infanzia e alla famiglia sia il dipartimento dello sceriffo della contea di Santa Barbara avevano indagato su Jackson nel febbraio 2003 e avevano concluso sulla base delle loro interviste con gli Arvizo che non aveva avuto luogo nessun abuso. Sembrava improbabile che Jackson potesse aver molestato il ragazzo mentre era sotto inchiesta per sospetti abusi su minore da parte di due agenzie governative distinte. Ma forse il colpo più duro per l'accusa fu l’affermazione dell’avvocato Geragos che Jackson aveva un alibi. "La linea temporale è ridicola. Michael ha un alibi concreto a prova di bomba per le date in cui loro stanno dicendo che questo abuso ha avuto luogo. Il fatto della questione è che non è mai avvenuto nessun abuso.” (http://msnbc.msn.com/id/3891212/site/todayshow/ns/today-entertainment/t/geragos-says-hes-charge-jackson-defense/#.UHu738WyOSo)
Per superare queste incongruenze, Tom Sneddon apportò diverse modifiche alle accuse contro Jackson.
JACKSON INCRIMINATO PER COSPIRAZIONE FINALIZZATA AL RAPIMENTO
Sebben Tom Sneddon avesse ufficialmente presentato una denuncia penale contro Michael Jackson nel dicembre 2003, successivamente portò il suo caso di fronte a un Grand Jury, da cui risultò una nuova incriminazione con 10 capi d’accusa. Le nuove accuse indicavano che o gli Arvizo avevano drasticamente cambiato la loro storia oppure Tom Sneddon aveva intenzionalmente apportato modifiche al suo caso al fine di farle apparire più logiche. Il 30 aprile del 2004, Jackson venne incriminato da un Grand Jury con quattro capi di accusa per atti osceni e libidinosi con un minore, quattro capi d’accusa per somministrazione di un agente inebriante, un capo d’accusa per tentata molestia su minore e un capo d’accusa per cospirazione. Questi presunti atti si sarebbero svolti tra il 20 febbraio ed il 12 Marzo 2003.
Secondo la denuncia originaria, la linea temporale dell’abuso sessuale era cominciata il 7 febbraio. Una nota del Dipartimento dei servizi all’infanzia e alla famiglia, tuttavia, rivelava che il 20 febbraio l'intera famiglia Arvizo aveva difeso Jackson con gli operatori sociali continuando a sostenere che lui non era nemmeno mai rimasto da solo con il ragazzino.
Sulla base di queste dichiarazioni, sembrava altamente improbabile che un qualsiasi abuso potesse essersi verificato tra il 7 febbraio ed il 20 febbraio 2003. Nella nuova serie di accuse, queste due settimane scomparvero dalla linea temporale. Adesso, si accusava Jackson per un abuso avuto inizio dopo il 20 febbraio, rendendo irrilevanti le prime dichiarazioni della famiglia con gli operatori sociali.
Un'altra differenza notevole nella storia dell'accusatore - oltre allo spostamento della linea temporale e la variazione del numero di volte che sarebbe stato abusato - era che secondo le accuse nella denuncia originaria a Gavin Arvizo era stato somministrato alcol solamente due volte, indicando che lui era sobrio nella maggior parte delle occorrenze del presunto abuso. Le accuse nell'incriminazione del Grand Jury, invece, suggerivano che il ragazzino era stato intossicato ad ogni incidenza del presunto abuso.
Il cambiamento più discutibile, comunque, era che l'accusa di cospirazione non era inclusa nella denuncia originaria. Nell'atto d’accusa, a Jackson erano imputati 28 atti esecutivi di cospirazione inclusi la sottrazione di minori, il sequestro e l’estorsione. I procuratori accusarono Jackson di aver cospirato con cinque dipendenti, di cui non si conosceva il nome, di aver rapito la famiglia Arvizo costringendola a fare dichiarazioni positive su di lui. Secondo il procuratore Gordon Auchincloss, Jackson aveva fatto questo per migliorare la sua immagine pubblica, dopo la messa in onda del documentario "Living with Michael Jackson". Successivamente, avrebbe molestato il ragazzino.
Con l’accusa di cospirazione, l'accusa poteva tentare di screditare tutte le prove a favore di Jackson. Le precedenti smentite di un qualsiasi abuso da parte della famiglia Arvizo, per esempio, potevano essere giustificate con l’accusa che la famiglia era stata costretta a difendere Jackson. In secondo luogo, la testimonianza di potenziali testimoni della difesa che potevano aver osservato un comportamento irregolare o sospetto da parte degli Arvizo poteva essere screditata dall'accusa che associati di Jackson erano stati coinvolti in una cospirazione criminale contro la famiglia. Infine, se Jackson davvero aveva un alibi per tutte le date del presunto abuso, l'accusa poteva semplicemente sostenere che anche l'alibi era coinvolto nella presunta cospirazione. All'osservatore medio, le accuse contro Michael Jackson a quel punto potevano apparire coerenti, ma a coloro che avevano seguito il caso da vicino, rimaneva la questione del perché le accuse contro di lui avevano preso la loro forma attuale solo dopo che i procuratori erano venuti a conoscenza della strategia difensiva di Jackson. Anche se le discrepanze maggiori del caso di Sneddon erano state cancellate, restavano diversi problemi con le accuse contro Jackson, in particolare con l'affermazione che lui avrebbe tenuto in ostaggio la famiglia Arvizo a Neverland per tutto febbraio e marzo 2003.
Secondo l’avvocato divorzista di Janet Arvizo, Michael Manning, la sua cliente nel maggio 2003 ancora lodava Michael Jackson. "'E' stato davvero buono con noi '- è questo ciò che disse all’epoca” ricordò Manning. "Se poi il loro rapporto si è deteriorato, non so come possa essere avvenuto."
Un altro problema con l’accusa di cospirazione era che, anche se erano stati coinvolti cinque dei collaboratori di Jackson nel sequestro della famiglia Arvizo, Jackson era stato l’unico ad essere accusato di un crimine. I cinque presunti co-cospiratori rimasero non incriminati e, anzi, a tutti loro fu offerta l’immunità se avessero accettato di testimoniare contro Jackson. Joe Tacopina, l’avvocato di uno dei presunti co-cospiratori, sottolineò che il suo cliente aveva respinto questa offerta di immunità da parte di Sneddon, ribadendo che le affermazioni della famiglia Arvizo erano ridicole: "Se [la signora Arvizo] fosse stata tenuta in ostaggio, allora credo che durante uno dei suoi shopping sfrenati sulla Rodeo Drive avrebbe potuto dirlo ad un responsabile del negozio mentre acquistava un abito da mille dollari" disse Tacopina al giornale Santa Barbara News Press. In un'altra intervista, Tacopina affermò che le accuse di sequestro "cadranno nel dimenticatoio quando saranno esaminate e messe sotto controinterrogatorio... ci sono documenti là fuori che faranno assolutamente a pezzi queste accuse".
L’avvocato di un altro presunto co-cospiratore aveva una storia simile da raccontare. "Da quello che il mio cliente ha visto, gli Arvizo non erano certamente in alcun modo sotto un qualunque tipo di costrizione," disse Michael Bachner ad un giornalista. "Andavano in giro liberamente a parlare con chi volevano. Andavano a fare shopping. Facevano telefonate. Facevano tutto ciò che fanno le persone libere".
Ron Konitzer, un ex dipendente di Jackson accusato di cospirazione contro gli Arvizo, ribadì che fatti innocenti erano stati travisati per adattarsi alla versione degli eventi dell'accusa. "Uno sviluppo degli eventi assolutamente naturale e una normale mossa professionale è stata portata fuori contesto", disse Konitzer a proposito delle misure che erano state adottate per ripristinare l'immagine di Jackson dopo la messa in onda del documentario "Living with Michael Jackson", misure che i procuratori a quel punto stavano utilizzando come prova di una cospirazione. "Non c'era nessuna manovra di occultamento” continuò Konitzer "abbiamo lavorato giorno e notte al ranch per 10 giorni di fila - anche con la mia famiglia lì presente - e posso dire che l'unica cosa che ricordo è un gruppo di bambini che correvano in giro e si divertivano. Niente di ciò che ho visto può dirsi nemmeno lontanamente simile ad una qualsiasi cosa affine alla prigione."
Persino la testimonianza del marito di Janet Arvizo sembrò contraddire le affermazioni di rapimento della famiglia. Jay Jackson testimoniò che Janet Arvizo ed i suoi figli erano tornati a Neverland più volte nel mese di aprile 2003 - un mese dopo che la linea temporale della cospirazione era terminata. "In un modo o nell'altro lei tornò lì" disse Jay Jackson alla corte. Se Michael Jackson aveva rapito la famiglia nel febbraio 2003, perché Janet Arvizo tesseva ancora le lodi della pop star nel maggio 2003? Perché tornare a Neverland dopo esservi stata trattenuta in ostaggio? Perché c’erano voluti tre mesi di tempo prima che lei contattasse la polizia? Perché contattò un avvocato civilista per primo?
Un altro aspetto del caso che venne messo in discussione fu il comportamento delle autorità coinvolte. Il team di difesa di Jackson contestò l’incriminazione accusando i procuratori di eccessiva cattiva condotta nel corso del procedimento del Grand Jury. In una mozione di 126 pagine presentata dalla difesa, Sneddon venne accusato di bullismo verso i testimoni e di aver impedito di fatto che fossero presentate le prove a discarico di Jackson, rifiutando di lasciare che i giurati interrogassero i testimoni dell'accusa e fornendo ai giurati una falsa definizione legale del termine 'cospirazione'. Secondo la mozione: "Semplicemente, non c'è alcuna prova che il signor Jackson avesse il preciso intento di accettare o cospirare con qualcuno su una qualunque cosa." A sostegno di questa tesi, la difesa sottolineò che un testimone chiave per la presunta cospirazione non aveva nemmeno mai incontrato Jackson. Le trascrizioni del procedimento rivelano che durante la sua testimonianza la testimone, che era stata un’impiegata di Jackson per dieci giorni nel febbraio 2003, aveva risposto alle domande con "non so", "immagino", "suppongo", "non lo so esattamente” e “penso”. Dalla mozione, risultò che Sneddon avesse utilizzato addirittura le predilezione di Jackson per una casa tenuta pulita a sostegno della tesi della cospirazione: “E’ semplicemente irragionevole dedurre che la preferenza di Michael Jackson per una casa tenuta pulita dimostri il preciso intento di commettere crimini. Le prove che il signor Jackson si lamentava con il suo staff quando le faccende domestiche non venivano fatte correttamente non è una prova che lui stesse dirigendo una cospirazione criminale." In un’altra mozione, la difesa evidenziò che, dal momento che l’investigatore privato Bradley Miller aveva lavorato per l'ex avvocato difensore di Jackson, Mark Geragos , le prove ottenute dal suo ufficio durante l’irruzione del 18 Novembre 2003 erano protette dal segreto professionale. Anche se Sneddon aveva ammesso di essere a conoscenza della relazione professionale di Miller con Geragos al momento del raid, poi ritrattò la sua confessione, sostenendo che era stato un "errore nato dall'essere sconvolto e arrabbiato". Il giudice Rodney Melville si pronunciò in favore dell'accusa, giudicando legale l’irruzione nell'ufficio di Miller, nonostante la violazione del segreto professionale. Secondo il team di difesa: “Non c'è nessun caso nella storia dello stato della California che abbia condonato qualcosa di simile all'abuso di potere dimostrato in questo procedimento del Grand Jury."
Tuttavia, la questione del perché un procuratore d’esperienza abbia rischiato la sua reputazione presentando accuse così dubbie, soprattutto quando il caso in questione aveva raccolto un’attenzione senza precedenti, resta ancora. Sneddon credeva veramente che Michael Jackson fosse colpevole dei crimini di cui lui era stata accusato o ci sono altri motivi coinvolti nella sua implacabile caccia alla pop star? Un attento esame di queste domande rivela un sordido disegno di avidità, corruzione e ricatto all'interno dell'ufficio del procuratore distrettuale di Santa Barbara.
Fonti: http://mjjr.net/content/mjcase/part1.html
http://vindicatemj.wordpress.com/2010/04/28/mjagreement/
Comments